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In questo anno di riunioni online anche il compleanno rotariano si è svolto in formato digitale, quindi il 23 febbraio ci siamo trovati davanti a PC, telefoni e tablet per questa ricorrenza, in modo un po’ diverso dal solito. Un duo di cabaret, ma soprattutto con l’intervista a una persona speciale che merita di essere riascoltata. Rachele Somaschini l’ho conosciuta in autodromo a Monza quando, in occasione del track day con i ragazzi dei camp di vela e di trekking, venne a parlare di sé ai rotariani in pista. Enrico Cavallini me ne aveva parlato in anticipo e dal suo sito avevo già visto la sua passione e i suoi problemi.
Al momento di accedere alla pit-lane disse che lei sarebbe rimasta nel paddock, perché la macchina, un’Alpine ultimo modello, non era sua, ma solo in prova per una rivista per cui scrive recensioni ed era stata appena ritirata da un concessionario solo pochi minuti prima di arrivare all’autodromo.
Iniziamo a far girare i ragazzi sulle auto sportive disponibili. Dopo una decina di minuti, mentre organizzo con i colleghi i turni dei ragazzi a inizio pit-lane vedo la sagoma azzurra della sua auto entrare quatta quatta in corsia da uno dei box centrali. Non mi faccio perdere l’occasione! Mi approprio di un casco, togliendolo dalle mani di uno dei ragazzi che voleva salire su una Corvette e corro verso di lei, salendo sul sedile destro di questa sportiva francese, in rigoroso blu metallizzato. Parte con calma, la velocità in pit-lane è limitata, ma l’indole del pilota non le manca, sta già fremendo in attesa di passare il semaforo. Appena può accelera a fondo facendo sfogare gli oltre 250 CV del 4 cilindri francese. Prima variante ed è già aggressiva e poi nuovamente giù tutto. A metà della grande curva si lamenta del cambio semiautomatico che non le permette di usare la marcia che ha inserito e vorrebbe sfruttare di più con un: «Ma chi è che mi cambia le marce?» e siamo già in roggia. Il giro prosegue, pela i cordoli di Lesmo, aggredisce l’Ascari e la Parabolica si avvicina in fretta. In uscita da questa, gesticolando, esclama: «Che svarione! Mi aspettavo il birillo del rally show, ma così è meglio!» e con la destra mi indica un punto non meglio precisato della pista. In realtà so dov’è dato che ero in tribuna. In pieno dritto aggiunge: «Chissà qual è il vero punto di frenata per questa macchina là in fondo» e intanto i distanziometrici passano veloci uno via l’altro. Al momento di frenare siamo lunghi, ma da pilota esperta Rachele mantiene saldo il volante tra le mani ben curate con le unghie rosa acceso che risaltano sulle tinte scure degli interni. Pendola leggermente, controsterza con decisa precisione, i braccialetti ai polsi le tintinnano un paio di volte e con estrema naturalezza butta l’auto dentro la curva. Le gomme stridono ma è solo leggermente al di fuori della traiettoria ideale. Avida di velocità assale il secondo cordolo e riprende a dare gas come nulla fosse.
In Ascari vola per l’ultima volta sui cordoli e continuando a chiacchierare affonda tutto il gas sul rettilineo. Dopo la Parabolica questa volta però dobbiamo fuggire dalla pista verso la pit-lane e il paddock. Lei si è divertita forse più di me, ma è anche molto affaticata dal caldo soffocante che non le dà tregua. Confessa che preferisce terminare qui la sua giornata in pista perché se continuasse potrebbe prenderci troppo gusto e sa che andrebbe a cercare il vero, il limite della macchina. I suoi occhi e il suo sorriso dicono che un po’, questo limite, l’ha già cercato, d’altronde non si vincono dei titoli nazionali in auto per caso.
Sembra una storia banale, come tante. Invece, nell’approccio di Rachele alla pista si vede il DNA del pilota. Quello che non aspetta di conoscere a fondo una macchina prima di tirarla, ma ne cerca subito il limite con quella semplice naturalezza che noi normali utenti della strada abbiamo solo nel mettere l’auto nel garage di casa.
Da qui la seguo costantemente tramite social, nelle sue gare e nella sua campagna a favore della ricerca medico scientifica per la lotta alle malattie genetiche e in particolare alla Fibrosi Cistica, di cui è affetta. Parlarne al Governatore, consigliandola come esempio, è un attimo e dopo vari tentativi ecco Rachele presente al nostro distretto.
La determinazione che questa fanciulla ha mostrato in pista è la stessa che porta nei rally e nella vita di tutti i giorni: tra terapie, lavoro, racing e impegno sociale. Un esempio di professionalità, tenacia, capacità di inseguire e realizzare i propri sogni che deve essere da stimolo per ogni persona, non solo per noi rotariani. Bisogna impegnarsi, non abbattersi di fronte alle difficoltà, affrontare la vita e le difficoltà a testa alta perché come persone facciamo tanto, ma quello che facciamo non è mai abbastanza.
Andrea Brianza