Carissimi,
Il mese di aprile è dedicato alla salute materna e infantile, ma credo che ancora una volta dobbiamo riflettere sul significato di salute, che non deve intendersi solo in quanto benessere fisico, in quanto “essere sani”, bensì deve essere riferita all’intero stato della persona.
La salute fisica va di pari passo con il benessere mentale, la relativa certezza di non aver problemi, di non doversi preoccupare, di vedere risolte le situazioni emergenziali del quotidiano.
Il pensiero va in primis alle difficoltà delle madri single che devono gestire il lavoro e i figli in DAD quando magari non hanno possibilità di lavorare da remoto, quando si trovano di fronte a ex mariti che dimenticano di avere degli obblighi nei confronti dei figli. Per non parlare del numero di donne che abbandonano il lavoro dopo il secondo figlio.
Che il nostro Paese sia indietro rispetto ad altri Paesi europei per strutture di supporto a politiche della famiglia non è una novità. Ricordo che quando a inizio anni Duemila ero impegnata in Confartigianato, alle lavoratrici indipendenti non era riconosciuta l’indennità di maternità. Non parliamo della impossibilità di avere una gravidanza a rischio.
Da allora molto si è fatto, ma non basta. Noto è che un Paese che sostiene chiare politiche di supporto alla cura dei figli soprattutto in età infantile, ha un indice di natalità maggiore. La Francia ha un indice di natalità del 50% superiore rispetto al dato italiano.
Come rotariani dobbiamo chiederci cosa possiamo fare: in questo periodo ovviamente il supporto è materiale, perché l’emergenza non lascia alternative, ma in un’ottica di lungo periodo, perché non pensare a progetti che possano prendere vita in questo ambito? Non fermiamoci a dire che è bello poter abbracciare la diversity, facciamo in modo che sia veramente possibile avere più donne nel Rotary perché ce ne saranno di più nel mondo del lavoro. Il Rotary è lo specchio della società e se lo vogliamo più diversificato, pensiamo a come rendere possibile che il mondo del lavoro vada in questa direzione.
Non tramutiamolo però in un ennesimo dibattito sulla disparità di genere, sulle quote rosa (di cui non sono per niente una fan), e sulle disparità di salario. Ormai dopo anni che se ne parla, mi stupirei se qualcuno non ne avesse avuto sentore. Parliamo invece di come organizzare attività che sgravino la cura familiare dalle spalle delle donne, pensiamo a progetti in questo ambito, senza dimenticare che la cura familiare sempre di più comprenderà la cura delle fasce di persone in età avanzata.
Come sappiamo fare, creiamo qualcosa che abbia un impatto e che poi possa essere trasferito alle istituzioni che dovranno poi occuparsene. Solo così potremo dare il nostro contributo per una società in cui davvero si parli di salute nel senso di benessere in tutte le sue forme.
Un caro saluto,
Laura