Il Rotary Youth Leadership Awards del Distretto 2042 di quest’anno si è svolto in presenza durante 5 giorni della prima metà di maggio. Sottolineo in presenza per ricordare che nel 2021 il RYLA del D2042 si svolse interamente online a causa della pandemia Covid-19.
La distanza imposta dalla situazione non permise ai partecipanti della scorsa edizione (me compreso) di incontrarsi di persona, ma nonostante questo apparente scoglio, fui positivamente sorpreso da questo evento il cui format, contenuto e premessa mi mostrarono un aspetto del Rotary che fino ad allora non avevo apprezzato fino in fondo: la volontà di formare giovani leader che siano consapevoli delle problematiche del presente, di come si siano generate in passato, e dei modi in cui si possano risolvere in futuro.
Lo scopo del RYLA è di favorire una riflessione condivisa tra giovani su un tema di attualità grazie alle testimonianze di relatori ed esperienze di team building a gruppi. La conversazione non è però pura filosofia, il RYLA prevede che al termine del forum ogni gruppo produca una bozza di service che sia ispirata o direttamente collegata al tema proposto dal Rotary. “People have the Power, really?” è stato il titolo del RYLA di quest’anno, e non credo sia stato un caso. La pandemia, l’ascesa e caduta del Trumpismo, il collasso dell’Afghanistan, l’invasione dell’Ucraina, e i numerosi altri eventi che hanno caratterizzato l’inizio dei nuovi “Ruggenti anni 20” hanno, e stanno tutt’ora influenzando la vita di miliardi di persone. Perciò ho accolto con interesse la lieve provocazione insita nel titolo, nella speranza di trovare una mia risposta alla domanda che ci era stata indirettamente posta. Tre delle cinque giornate si sono svolte in alcune università del Distretto 2042: LIUC di Castellanza, PoliMi Lecco e Università di Bergamo. Nel contesto dei poli accademici del territorio, il nostro gruppo di universitari dall’estrazione accademica variegata ha assistito alle testimonianze di professori, professionisti, esperti, sportivi, politologi, forze del ordine e imprenditori. Gli interventi, per quanto su argomenti e discipline diverse, avevano tutti un collegamento con la domanda esistenziale se le persone abbiano o meno il potere di cambiare il mondo.
Il primo intervento fu l’ingegner Traquandi, professore di Psico-Sociologia Aziendale presso la LIUC. Egli ci parlò dell’ importanza di rito e mito per l’uomo in quanto animale sociale. Riti e miti sono fenomeni che indicano unità e appartenenza, celebrazioni del momento volte a creare comunità. Sono rito caffè e brioche informale tra colleghi a inizio giornata così come l’inno nazionale prima di una partita. I riti e miti sono fenomeni quanto strumenti, che se utilizzati correttamente pongono le basi per la collaborazione tra individui. Parlando tra noi partecipanti del RYLA e riflettendo in seguito a ogni testimonianza, avemmo modo di discutere, confrontarci e condividere considerazioni e pensieri. Senza accorgercene creammo il nostro rito. Un rito che consisteva nel dialogare e ascoltare opinioni anche discordanti dalla nostra, in maniera aperta e priva del arroganza di chi pensa di aver ragione, poiché il nostro scopo era quello di trovare una risposta (comune e individuale) alla domanda impossibile. Trovammo così anche il nostro mito. L’intervento seguente fu di Rodolfo Helg, anch’egli professore alla LIUC. Helg si discosta parzialmente dall’ottimismo di Traquandi e ci illustra come la nostra vita sia dettata dalla volontà di Stati, Multinazionali e Lobby che si intersecano in un gioco di potere economico, militare e politico che lascia poco spazio alla volontà del singolo. Una sorta di determinismo dettato non più dalle persone ma da entità composte da persone, Helg infatti ha iniziato il suo intervento con la domanda «In questo mondo globalizzato contano ancora le persone?». La domanda non venne risposta direttamente, ma i dati esposti e le argomentazioni fatte ci portarono a una visione più cinica (alcuni la chiamerebbero realista) del mondo. Molte altre testimonianze, ci mostrarono la cruda realtà dei fatti animando il nostro rito del dialogo e dividendoci tra ottimisti e pessimisti, bloccati in questo conflitto paradossale in cerca di una risposta che pareva non sarebbe mai giunta. Ma nessun intervento per quanto ben articolato animò il dibattito come la visita al carcere di Bollate, istituto penitenziario che applica il regime di semi-libertà dei detenuti all’interno del carcere e permette loro di lavorare, studiare e dedicarsi al loro reinserimento sociale. Il paradosso della libertà in carcere, le testimonianze di detenuti e gestori del carcere, e le forti emozioni che visitare un carcere comporta, aizzarono le fiamme del dialogo tra noi che man mano diventavamo meno timidi nel esprimere le nostre idee ed opinioni.
L’ultima tappa del nostro seminario fu la giornata e mezza trascorsa insieme alla Fiorida, splendido agriturismo Valtellinese dove divisi in gruppi competemmo in diverse attività di team building per la gloria delle nostre rispettive squadre, rafforzando i legami creati durante la settimana e sancendone di nuovi. Nel contesto ameno della Fiorida ci vennero dati i dettagli della tipologia di progetti di service che ogni gruppo avrebbe dovuto preparare e presentare alla giuria presieduta da organizzatore, tassista e mentore di tutti noi durante questo seminario: Enrico Cavallini. A tutti gli effetti parte integrante del gruppo di noi ragazzi. Enrico è una persona ricca di cultura e saggezza ma a cui interessava soprattutto sentire parlare noi, delle nostre vite, dei nostri futuri e di ciò che ne pensassimo degli interventi, agendo come una sorta di “moderatore invisibile” il cui zampino si nota dal nostro entusiasmo per aver partecipato al RYLA. Tutti quanti i partecipanti ricorderemo l’epica staffetta con le carriole, la visita presso i rilassanti uffici di SmeUp in seguito all’emozionante mattinata al carcere di Bollate o la gara di cucina che ha visto 15 universitari competere manco fossero a Hell’s Kitchen. Tutte queste esperienze, i rapporti di amicizia creati e le conoscenze apprese dagli interventi mi hanno portato a provare a rispondere alla domanda impossibile, conscio che sarà errata. Il RYLA mi ha insegnato che l’importante è pensarci, porsi le grandi domande per arrivare alle piccole soluzioni.
Credo che l’uomo effettivamente abbia il potere di cambiare il mondo. La parola “potere” stessa ci dice che il potere è la capacità di scegliere di fare o non fare secondo la propria volontà. Tutte le testimonianze ed esperienze del RYLA mi hanno dimostrato che il potere non è forza, ricchezza, acume o fortuna. È il potenziale infinito che una persona ha quando deve scegliere se provare a cambiare le cose per il meglio o lasciarle come stanno. È la scelta di Filippo Carossino, che in seguito a un gravissimo incidente, ha deciso di rialzare la testa, diventando capitano della Nazionale Italiana Wheelchair Basket e aiutando ragazzi che come lui hanno perso la mobilità a superare il trauma tramite lo sfogo dello sport. É La scelta di Dominique Corti che ha portato avanti il sogno dei suoi genitori di offrire cure, sicurezza e speranza a Lacor, in Uganda grazie al ospedale missionario che dirige. É la scelta del padre di Vadim Nikitin, che decise di andarsene dall’Unione Sovietica nella speranza di dare un futuro fuori dal totalitarismo a suo figlio, che grazie a quella scelta potè diventare un consulente politico e giornalista laureato ad Harvard. É la scelta del Rotary di organizzare il RYLA, di porre le grandi domande ai giovani ed esigere che siamo noi a proporre delle risposte. Perché se la domanda è come sarà il nostro futuro, la scelta di come vogliamo che sia è nostra: di ognuno di noi e di tutti noi.
Grazie Rotary, Grazie Enrico, Vai Carlo.
Federico Rovea