Una casa per i giovani affetti da gravi malattie
“Amoris laetitia”, la gioia del volersi bene, è il nome di una casa speciale che sta nel campus della Fondazione Angelo Custode di via Conventino. Il nome riprende il titolo dell’esortazione apostolica di Papa Francesco dopo i due sinodi dedicati alla situazione della famiglia contemporanea.
La Casa è in funzione dal giugno 2018 e ospita minori con disabilità gravissime insieme alle loro famiglie e, a seguito di dimissioni protette ospedaliere e in regime di continuità di cura, prende in carico bambini con prognosi infausta fino al decesso. Particolare attenzione è data alla terapia del dolore e all’accompagnamento e al sostegno di tutto il nucleo familiare, genitori e altri figli. Finora i pazienti dell’hospice pediatrico sono stati 8.
A questa casa tutti e sei i club del Gruppo Orobico 1 hanno dedicato l’Interclub di lunedì e per noi sarà il service in rete dell’anno di presidenza di Andrea Lombardini. Il quale, nel suo intervento, ha sottolineato il valore umano dell’iniziativa. Anche l’assistente del Governatore Nicoletta Silvestri ha portato il saluto e l’apprezzamento particolare del Governatore Roberto Dotti che ha indicato nei minori, bambini e ragazzi, l’obiettivo prioritario per i service del suo anno, avendo individuato qui il punto di maggior bisogno, culturale e sociale, di questi anni.
Un centinaio i rotariani presenti alla serata, fra i quali una ventina di nostri soci con familiari.
La Presidente del Rotary Bergamo, Giovanna Mangili, ospite della serata al San Marco, sala dei Mille, ha presentato i relatori: Giuseppe Giovanelli, direttore della Fondazione Angelo Custode (dopo aver occupato ruoli analoghi all’Università di Bergamo e presso strutture sanitarie ospedaliere); Maria Luisa Galli, educatrice professionale, direttrice di strutture complesse per la disabilità e ora responsabile della casa Amoris Laetitia; il direttore sanitario Sergio Clarizia, pediatra, neonatologo e rianimatore pediatrico con un curriculum di dirigente ospedaliero in patologia neonatale. La Fondazione Angelo Custode è un insieme di servizi della diocesi di Bergamo dedicati alla disabilità.
La struttura storica è l’istituto di Predore, nato negli anni ‘60 per i minori disabili dai 6 ai 18 anni che offre oggi residenzialità, servizi diurni, una scuola per i gravi e attività ambulatoriale di fisioterapia, logopedia etc. In città, in via Conventino alla Malpensata, la Fondazione gestisce un campus con la RSD Micael (20 posti per psichiatrici adulti); il centro diurno disabili CDD-Koinonia per autistici adulti, Casa Betania per disabilità medie, una piscina per disabili, una casa per malati di Aids. Dentro questo polo, è sorta la nuova struttura, recuperando un edificio preesistente, che accoglie minori gravemente disabili, cronici o in fine vita.
Il rapporto con l’ospedale Papa Giovanni XXIII è nato grazie alla dr. Giovanna Mangili, direttore della Patologia Neonatale e Terapia intensiva dell’ospedale Giovanni XXIII. Sempre Giovanna Mangili, in qualità di presidente del Rotary Bergamo ha proposto ai presidenti il service di sostegno.
La Fondazione ha al suo interno anche 6 consultori familiari, dei quali due in città (uno per gli adolescenti) e gli altri in centri della provincia.
Amoris Laetitia risponde a un bisogno, non numericamente esteso ma fortissimo, di avere un luogo riparato, intermedio tra ospedale e casa, dove le famiglie disabili in età pediatrica possano trovare appoggio, sollievo, accompagnamento e anche training nel caso di cronicità gravissime da gestire dopo le dimissioni dai reparti specialistici ospedalieri.
Si tratta, come ha spiegato Giovanelli, di welfare di comunità, cioè di costruire servizi sociosanitari che dialoghino con il sistema statale e che, agendo in rete, possano riempire i vuoti che per motivi di costi non possono più essere realizzati direttamente dallo stato.
C’è infatti una dimensione intermedia tra sanitario e sociale che può, in rete, funzionare con professionisti e volontari. Per non lasciare le famiglie sole davanti a situazioni enormi, ma che è impossibile gestire in ospedali pensati per gli acuti.
In particolare, occorre tenere presenti le particolari esigenze dei bambini, che restano tali anche in situazioni estreme e per i quali vanno pensati servizi su misura, che non possono essere solo imitazioni ridotte delle strutture per adulti.
A questo punto, a concludere l’intervento del direttore Giovanelli, parte un video che ci conduce in una visita virtuale della struttura, accompagnati dal dialogo semplice, sdrammatizzante ma molto concreto, fra due pupazzi animati. Si vede un interno che è davvero una casa colorata e accogliente e dove è possibile strutturare momenti di normalità e riposo pur dentro situazioni eccezionali e obiettivamente angoscianti.
Ad Amoris Laetitia sono previsti servizi di residenzialità completa, ma anche di soggiorno solo diurno. Oppure periodi di sollievo per la famiglia. In questo caso solo il minore disabile viene preso in carico, mentre i genitori che lo assistono a casa possono concedersi un momento di respiro e di normalità come coppia o con gli altri figli.
La pressione e l’usura di certe situazioni infatti fanno saltare i legami affettivi e possono causare danni allargati e permanenti a tutti i componenti della famiglia impegnata nell’assistenza permanente.
Dal punto di vista sanitario, il neonatologo Sergio Clarizia, non nascondendo il profondo coinvolgimento umano di questi mesi di lavoro, ha attinto alla sua esperienza ospedaliera per spiegare come i gravissimi siano «bambini che in ospedale nessuno vuole perché occupano posti letto per gli acuti». Nessuno scandalo: i posti pediatrici ad alta specializzazione richiedono ingenti risorse e competenze ed è giusto che vengano usati per l’emergenza e non per situazioni croniche o terminali. Tuttavia, questi pazienti, rimandati a casa, diventano purtroppo pendolari del pronto soccorso, in un succedersi di ricoveri e dimissioni, senza che la cronicità della situazione possa cambiare. E, non è stato detto nel corso della serata ma il cronista si permette un commento assolutamente personale del quale si prende la responsabilità, non sempre i pediatri di base sembrano inclini a seguire queste famiglie.
Una casa che invece funzioni in collaborazione con l’ospedale, ma fuori dalle regole ospedaliere, è una soluzione che evita ricoveri inutili e disagi.
Il punto è evitare ogni dolore e fastidio in più a chi è immerso in situazioni intrinsecamente tragiche, che richiedono già tantissima forza d’animo per essere affrontate e sopportate. Ciò che serve è anche la costituzione sul territorio di una rete per le cure palliative pediatriche in modo che possano essere garantite le migliori terapie del dolore.
Sul versante sociale dell’esperienza della Casa, la direttrice Maria Luisa Galli ha portato tante storie di vita, perché ogni famiglia è differente anche nella sofferenza.
Ci sono genitori che istintivamente non vogliono affezionarsi a un neonato che sanno morirà. Fratellini ai quali va data la possibilità di un minimo di rapporto positivo con il piccolo essere malato e almeno un bel ricordo.
Ci sono i sensi di colpa, il sentirsi genitori sbagliati. «Occorre stare accanto, a volte ascoltando, a volte tacendo, imparare a dare valore a ogni attimo» ha sottolineato Galli, spiegando che in alcune situazioni estreme si deve arrivare a pensare a garantire qualità di vita momento per momento, vivendo solo il presente. Il confine tra abbandono e accanimento terapeutico è a volte sottilissimo, le questioni etiche enormi.
Nelle situazioni dove i pazienti gravi sono cronici, occorre insegnare alle famiglie come gestire la situazione anche assicurando interventi domiciliari.
I piccoli pazienti sono inviati alla Casa attraverso l’ospedale o attraverso il tribunale. Si tratta perciò di costruire un insieme di buone prassi tecniche, tenendo però sempre presente la condizione umana, che si muove per natura tra desiderio e paura, ma che in alcune situazioni limite è sottoposta a tensioni insopportabili.
E se non sempre ci sono le risposte, occorre che qualcuno almeno ascolti le domande e non lasci solo te e tuo figlio, intrappolati nel dolore.
Un lungo applauso, alcuni brevi interventi (intenso quello del prof. Giorgio Giovannelli, marito della socia Laura Perego) e la consegna dei doni ai relatori da parte dei presidenti (noi il catalogo della Carrara) hanno concluso una serata che ha fatto molto pensare.
Susanna Pesenti per il Gruppo Orobico 1