Care amiche e cari amici,
il tempo corre veloce e, pur se meravigliosamente impegnativa, quest’annata mi sembra volare via. Ma è solo una sensazione, perché se rifletto su tutte le persone che ho incontrato, le situazioni che insieme abbiamo vissuto, la sorprendente varietà e qualità di idee, progetti e confronti che ho conosciuto e cui ho cercato di partecipare, capisco che sono stati mesi eccezionali, con persone eccezionali.
È proprio sull’intensità del nostro ‘”fare”, che vorrei invitarvi a riflettere. Sulla nostra capacità di costruire insieme cambiamenti positivi e duraturi, intorno e dentro di noi, affrontando i problemi alla radice. Credo sia questa la nostra cifra stilistica più appassionante, quella che non ci fa fermare alla cura dei sintomi, per dirla in termini medici, ma ci fa andare all’origine della malattia. Una sorta di approccio olistico ai problemi e alle sollecitazioni del nostro tempo, che cambiano così in fretta da coglierci spesso impreparati. Abbiamo risorse, ispirazioni e professionalità sufficienti per affrontarli con puntualità ed efficacia, proprio perché sappiamo guardarle e affrontarle nella loro complessità.
Ho potuto conoscere da vicino moltissimi service realizzati nei club del nostro Distretto e ho anche la fortuna di confrontarmi con numerose idee dalle quali stanno per nascere nuovi progetti. E continuo a constatare, anche in situazioni molto diverse tra loro, che è proprio nella fase interlocutoria precedente al “fare” che questo approccio olistico si rivela particolarmente significativo, sia nella consapevolezza che il valore complessivo del nostro impegno è superiore alla somma delle parti che lo compongono, sia per la manifesta volontà di non circoscriverlo a un progetto a sé stante, ma di aprirlo con lungimiranza anche a possibili sviluppi futuri.
Le relazioni che si stabiliscono con le comunità destinatarie dei service; le idee, le soddisfazioni e le fatiche condivise tra i soci; la gioia di veder concretizzarsi, giorno per giorno, un progetto comune considerando che potrà vivere a lungo e crescere ancora, ci arricchiscono di un “sentire” proiettato verso il futuro che trovo molto simile a quello che possiamo percepire davanti a un’opera d’arte, nata da un “sentire” che, attraverso il “fare”, si consegna all’eternità.
Credo che il nostro impegno come interpreti d’istanze e creatori di risposte, ma anche i risultati straordinari che, insieme, riusciamo a raggiungere, possano essere paragonati a un’autentica opera d’arte corale, poiché siamo capaci di lasciare il segno, di emozionare e di emozionarci, di consegnare un po’ di noi alle comunità in cui viviamo o a quelle lontane, che attraverso il Rotary abbiamo l’immenso onore di servire.
Ed è esaltante notare che, molte volte, il nostro “comune sentire” si fa a sua volta “sentire comune”, calandosi in realtà anche difficili e dialogando con gli interlocutori più diversi; che sempre più spesso un service non è solo una targa ma un’ideale di compartecipazione e di relazione. Che, insomma, i nostri service consegnano una parte di noi stessi al futuro. E non è poco. È Rotary.
Riccardo De Paola