RC Lecco
A quasi trent’anni dal sensazionale ritrovamento nelle Alpi Venoste, continuano ad affascinare le vicende legate a Ötzi, l’uomo venuto dal ghiaccio. Giorgio Rusconi, socio del R.C. Lecco, si è talmente appassionato all’argomento che, dopo aver tenuto numerose relazioni in diversi ambienti sia alpinistici che sociali, in particolare tra i R.C. del Gruppo Adda, viene ora invitato nelle scuole primarie per portare la sua testimonianza agli studenti che affrontano l’argomento del Neolitico.
Abbiamo chiesto a Giorgio di scrivere un riassunto delle sue conferenze per il nostro Notiziario Distrettuale, volendo sapere, come premessa, che origine abbia questa sua passione per la mummia più antica e più famosa del mondo.
«Nel 1982 uscì nelle sale cinematografiche l’ultimo lavoro del famoso regista, più volte premio Oscar, Fred Zinnemann. Il film “Cinque giorni una estate”, aveva protagonista Sean Connery nelle vesti di un medico scozzese appassionato di alpinismo, Douglas Meredith, il quale si affida alla guida Johann per delle escursioni nel gruppo del Bernina.
Nel tentativo di saltare un crepaccio (spettacolari le immagini riprese sotto il Diavolezza, con la Fortezza e il Bernina di sfondo) Douglas perde la picozza. La guida si fa calare nel tentativo di recuperare l’attrezzo e si imbatte in uno scarpone che esce dal ghiaccio. Immediatamente scende a valle e chiama a raccolta le Guide del villaggio per recuperare il corpo sepolto nel ghiacciaio del Morteratsch. 40 anni prima un loro compaesano era sparito il giorno prima del matrimonio e non fu mai ritrovato. L’incontro tra l’anziana promessa sposa e il giovane conservato nel ghiaccio all’imbocco del Morteratsch è molto toccante e di una grande sensibilità artistica.
Quando nel settembre del 1991 ho letto sul Corriere della Sera l’articolo che parlava della scoperta nel ghiacciaio della Val Senales, ho pensato immediatamente alle immagini del film di Zinnemann.
Le teorie di Reinhold Messner sulle prime ipotesi di datazione del reperto, mi hanno fortemente incuriosito e da allora ho sempre cercato notizie per rimanere aggiornato sulla vicenda.
Ma l’episodio che mi ha stimolato definitivamente a divenire un divulgatore della storia di Ötzi, è stato la lettura del libro di Guy Benhamou e Johana Sabroux “La Maledizione di Ötzi – 7 morti misteriose intorno a un delitto di 5300 anni fa”.
Gli autori, con una ricostruzione molto dettagliata, collegano la storia del ritrovamento della mummia, e dei primi studi fatti sul suo corpo, alle morti improvvise che hanno colpito alcuni dei personaggi più coinvolti nel ritrovamento e nello studio di Ötzi”.
Grazie a questo background, ho chiesto all’amico rotariano Paolo Tricomi, già primario di anatomia patologica, se fosse stato di suo interesse trattare la parte medica della conferenza, e con il suo entusiasmo abbiamo cominciato a girare tra i Rotary club del Gruppo Adda e alcune Sezioni del Club Alpino Italiano del territorio».
Notiziario del Rotary International Distretto 2042
Nel mese di settembre del 1991, in un ghiacciaio della Val Senales veniva scoperto il corpo mummificato di un uomo vissuto oltre 5.000 anni fa. Quasi trent’anni di studi e ricerche hanno portato a scoprire molto su chi era e come viveva l’uomo trovato nel ghiacciaio del Similaun a 3.200 mt di altitudine.
Tanti i nomi circolati inizialmente: Uomo del Tisenjoch, Uomo di Schnals (o Senales) e perfino un “Homo Tirolensis”, finché il giornalista viennese Karl Wendl mette tutti d’accordo con il nomignolo Ötzi, derivato dalla fusione di Ötztal (le Alpi Venoste) e Yeti (l’uomo delle nevi).
Vissuto durante l’Età del Rame, fra il 3100 e il 3300 a.C., Ötzi, aveva circa 45 anni quando morì, un’età relativamente avanzata per l’epoca. Aveva occhi marroni e capelli scuri lunghi fino alle spalle, che probabilmente portava sciolti. La sua corporatura era snella e scattante: alto circa un metro e sessanta, pesava una cinquantina di chili. Il suo numero di scarpe, che portava ancora ai piedi al momento del ritrovamento, corrisponderebbe oggi a un 38.
Nella foto a lato, una ricostruzione del corpo di Ötzi fatta dai fratelli olandesi Adrie e Alfonse Kennis, con tecniche avanzate, utilizzate per scopi cinematografici o in casi di criminologia.
Le prime ipotesi
A ritrovare la mummia che affiorava dai ghiacci a 3.200 metri di quota nella zona del Giogo di Tisa in Val Senales, fu una coppia di escursionisti tedeschi, Erika e Helmut Simon che segnalarono la presenza di un cadavere al gestore del rifugio Similaun.
Due giorni dopo, si trovò a passare sul posto anche Reinhold Messner, in compagnia di un altro alpinista sudtirolese, Hans Kammerlander. Venne mostrato loro uno schizzo dell’ascia ritrovata accanto al corpo, e Messner per primo ipotizzò che si trattasse di un corpo di un’età molto antica, non un escursionista morto di recente o un soldato della Prima guerra mondiale.
Dopo una disputa con gli austriaci sulla “nazionalità” di Ötzi, che inizialmente venne conservato nell’Università di Innsbruck, dal 1998 la mummia si trova al Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano, conservata in una cella frigorifera che riproduce le condizioni del ghiacciaio: una temperatura costante di 6°C sotto zero e un’umidità del 99%. La mummia viene inoltre spruzzata regolarmente con acqua sterilizzata per contrastare la perdita di umidità. Il pubblico può osservarla da un piccolo oblò.
Ucciso per vendetta?
Ötzi morì assassinato: nel 2001 fu scoperta la punta di una freccia nella spalla sinistra. L’uomo venuto dal ghiaccio (questo è il nome ufficiale, stabilito dalla amministrazione provinciale di Bolzano) aveva una profonda ferita da taglio alla mano destra, risalente a pochi giorni prima della morte, che sembra procurata in una lotta corpo a corpo, forse in un tentativo di difesa. Poco prima di morire, inoltre, l’uomo si era fermato a consumare un pasto abbondante, di cui è stata trovata traccia nel suo stomaco: segno che non
aveva fretta e non si sentiva minacciato. La freccia che l’ha colpito a morte è invece stata scagliata da lontano e probabilmente in modo inaspettato: il suo assassino, è l’ipotesi, potrebbe dunque averlo seguito, e avere pianificato l’agguato.
Com’era lo stato di salute di Ötzi?
Una tomografia computerizzata di Ötzi, realizzata nel 2013 con un apparecchio di nuova generazione, ha permesso di realizzare una scansione completa, dalla testa ai piedi, ed ha evidenziato tracce di arteriosclerosi nei vasi del cuore, oltre a quelle già note.
Questi dati clinici, oltre alle analisi genetiche, testimoniano che l’uomo di Similaun aveva una forte predisposizione alle malattie cardiocircolatorie. Soffriva inoltre di artrosi in molte articolazioni;
aveva evidenti fratture rimarginate (quindi precedenti alla morte) alle costole e soffriva di vermi intestinali che curava con un fungo di betulla, il poliporo.
I vestiti
Gli abiti di Ötzi erano fatti di una combinazione di pelli e pelliccia di cinque diversi animali, oltre che di erbe intrecciate. In testa portava un berretto di pelliccia di orso bruno che secondo le analisi genetiche proveniva dall’Europa occidentale. La sopravveste era di strisce di pelle di pecora e di capra, ordinate in sequenze chiare e scure, quasi a dimostrare un certo gusto estetico, rammendata con fili d’erba. I gambali erano fatti nello stesso modo. Aveva anche un perizoma, sempre di pelle di pecora. Le calzature avevano una suola in pelle d’orso, uno strato “isolante” di erba secca, e tomaia di pelle di cervo, mentre i lacci erano realizzati in pelle bovina.
Gli oggetti e le attrezzature di Ötzi
L’ascia di rame è senza dubbio l’oggetto più prezioso trovato vicino alla mummia. È l’unico esemplare di età preistorica conservatosi integralmente. La lama è realizzata in puro rame (99%). Il manico con testata a gomito è in legno di tasso accuratamente levigato e ha una lunghezza di 60 cm. Dalla testa si prolunga, ad angolo leggermente acuto, la forcella in cui è inserita la lama. Quest’ultima è stata incollata con catrame di betulla e ulteriormente assicurata avvolgendo sottili stringhe di pelle intorno all’immanicatura. Altri oggetti rinvenuti, ed esposti al Museo Archeologico di Bolzano, sono: due recipienti in corteccia di betulla, un pugnale con il suo fodero, l’arco in legno di tasso e la faretra con 14 frecce, di cui due, con punta di selce, pronte per l’uso; un “ritoccatore” per affinare le lavorazioni con la selce, l’intelaiatura in legno di nocciolo e due assicelle in larice che potevano essere una specie di zaino o gerla.
Una striscia di cuoio di vitello alta 4,0-4,8 cm. costituiva la cintura. Sulla parte esterna era fissata una piccola tasca in cui Ötzi trasportava un raschiatoio, un perforatore e una lama in selce. Oltre a questi tre utensili, nella tasca sono state ritrovate
una lesina in osso e una massa nera, poi identificata come «fungo esca» per l’accensione del fuoco.
I tatuaggi
I primi studi individuarono sul suo corpo un numero variabile, tra 49 e 57, di piccole incisioni della pelle sule quali era stato strofinato del carbone vegetale. Un’analisi successiva ne ha trovati 61, in corrispondenza del torace e della schiena, sul polso sinistro, sul ginocchio destro, sui polpacci e sulle caviglie: ad eccezione di due croci, si tratta per la maggior parte di segni costituiti da brevi lineette disposte parallelamente. Un’ipotesi è che i tatuaggi avessero una funzione terapeutica, simile all’agopuntura, ma il dibattito sul loro significato è ancora aperto.
Gli studi e le ricerche su Ötzi continuano
Gli studi e le ricerche sull’uomo venuto dal ghiaccio e sulla vita nelle Alpi nel Neolitico, proseguono a ritmo serrato. Ricercatori dell’università di Padova insieme a quelli del CNR, dall’esame delle corde vocali, hanno recentemente ipotizzato quale avrebbe potuto essere la voce dell’uomo preistorico. A quasi trent’anni dal suo ritrovamento, Ötzi continua a suscitare l’interesse di studiosi in ogni campo e non passa anno senza che emergano nuove ipotesi e nuove scoperte sull’uomo e sulla vita dei nostri antenati del Neolitico. Da Marzo 2020 possiamo avventurarci tutti in queste ricerche, sfruttando il ricchissimo database online messo a disposizione dal Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano nello spirito di condivisione del sapere che contraddistingue questa istituzione culturale. http://www.iceman.it/database/
La ricostruzione del corpo di Ötzi al momento della sua morte, fatta per il Museo di Bolzano. Le fotografie pubblicate sono state gentilmente concesse dal Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano.
La mia personale esperienza in Val Senales nel 2017. La freccia rossa indica il punto del ritrovamento di Ötzi.