State erroneamente pensando a Fantozzi vero? Non mentite… Lo so che state pensando a lui, ma sappiate che Paolo Villaggio in questa storia non centra nulla.
I protagonisti di questa favola sono 20 meravigliosi ragazzi e ragazze coinvolti dai Rotary dei distretti 2041e 2042 nel programma #Ryght2018 per imparare cose nuove in modo non scolastico, ma attraverso la loro naturale e sana voglia di vivere, crescere e divertirsi.
Hanno accolto i semi di saggezza e visione rotariana in modo spensierato, divertente e appassionante. In cuor mio so che quei semi germoglieranno in splendidi e rigogliosi alberi, ne sono certo.
I banchi di scuola del #Ryght2018 sono le barche con le loro andature, i cambi di rotta, il vocabolario tecnico e la necessità di avere a bordo un equipaggio affiatato e un leader. I libri di testo sono le cime, le vele e il timone.
Lo scopo, come in tutti i #ryght che annualmente organizziamo, è quello d’insegnare ai teenager il valore di un team, lo spirito di gruppo, il lavoro di squadra e il raggiungimento dell’obiettivo prima del personale protagonismo.
La collaborazione, l’aiuto, il gioco, le esperienze in acqua, la stretta convivenza hanno creato dei legami unici e degli insegnamenti di vita, come non abbiamo mancato di spiegare quando se n’è presentata l’occasione.
Un valido elemento che per vanità o personalismo rallenta o vanifica involontariamente il lavoro di un equipaggio è deleterio! Un elemento mediocre che lavora, magari sbagliando, ma impegnandosi per la squadra è positivo, e se oltre a lavorare per il team fosse anche un’eccellenza allora si trasformerebbe in un plus valore inestimabile.
Il compito del leader, il timoniere, è di coordinare l’equipaggio, equilibrando eccellenze e mediocrità per raggiungere l’obiettivo finale.
Questo è il traguardo del #ryght2018 svolto sulle increspate acque del Lario.
Venerdì 5 ottobre, nel primo pomeriggio, ci raduniamo in stazione Centrale a Milano per prendere il treno in direzione Tirano e scendere alla fermata di Varenna-Esino, dopo aver raccolto i compagni saliti a Monza e Lecco. Un breve tragitto in auto ci porta alla “casa” dell’associazione Velica “Mareaperto” che ci ospita.
In due camerate miste e comunicanti alloggiano i ragazzi e subito il primo naturale istinto di squadra fa capolino. Mancano due letti! Si possono recuperare da una terza stanza, ma non passano dalle porte. Il primo passo per creare un bel team è fatto. Tutti si adoperano per smontare, spostare e rimontare le due brande. Non è importante a chi fossero destinate, semplicemente si sono mossi in gruppo. Senza saperlo hanno superato il primo, non previsto, esame.
Dopo l’ambientamento è stato presentato il programma del week end, sono stati creati i 5 equipaggi da 4 persone e sono stati estratti a sorte gli abbinamenti con le barche e gli istruttori.
E’ stata fatta una prima lezione sulle vele, sui nodi, sulla terminologia da usare in barca e del perché si richiede di usare sempre un linguaggio appropriato, tecnico e preciso.
Un esempio? In barca la destra si chiama dritta. Perché?
Un comandante chiama l’ordine di muoversi a “destra”, ma nel vento, con onde e rumori di sottofondo qualcuno potrebbe sentire solo “…stra” e non recependo il comando in modo corretto potrebbe creare un problema. In un equipaggio non deve mai succedere. Il risultato dipende da come si muovono tutti gli elementi. Nessuno deve restare indietro, nessuno deve sbagliare, nessuno deve andare “avanti” da solo. Se al comando appena dato uno andasse a sinistra… il rischio di trovarsi tutti a mollo in acqua è estremamente reale.
Questo non vale solo all’interno dell’equipaggio in barca, vale per ogni situazione in cui incappiamo nel mondo civile, dal lavoro alla scuola, dalla strada al tempo libero…
Le lezioni frontali, simpaticamente condotte dall’istruttore Valerio e dal presidente Roberto, hanno portato i ragazzi a capire e conoscere in modo teorico le andature, i venti e le mosse da fare.
Gli è stato spiegato cosa significa orzare (muovere la prua verso il vento), poggiare, abbattere e virare. Hanno imparato le andature, i bordi, le mura, le precedenze e i concetti di sopra-vento e sotto-vento, ma la cosa che ha stimolato di più la loro mente creativa sono stati i nodi.
Ne sono stati spiegati quattro durante le lezioni, i più importanti e necessari, ma l’esercizio e la pratica con le cime messe a disposizione, li hanno impegnati per gran parte del tempo libero. Hanno fatto nodi su nodi senza imposizioni, senza corsi obbligatori, quindi senza fatica e per il semplice desiderio di farlo, di crearlo, vederlo nascere e la soddisfazione di sentirsi dire: “E’ fatto bene”. Questo spirito li ha portati a provare, riprovare, aiutandosi, consigliandosi, prendendosi in giro, scherzando, conoscendosi e, a volte, chiedendo di imparare altri nodi. Aiutarli con la Gassa d’amante, il Savoia, il Piano e il Parlato, nodi che conosco molto bene, aiutando chi era in difficoltà è stato un esercizio impegnativo anche per me, ma non nascondo di essermi divertito parecchio in queste lunghe serate di nodi, di partite a carte, musica e chiacchierate. Lavorare con la genuinità dei ragazzi da soddisfazioni uniche.
In casa non si è fatto solo scuola e nottata. La convivenza prevede la condivisione di solo 2 bagni, pranzi, colazioni da preparare e pulizie da fare. Ogni equipaggio a turno ha apparecchiato, sparecchiato e fatto le pulizie. Un momento… ci sono 5 equipaggi e 6 turni di lavoro da coprire. Noi organizzatori, come i ragazzi, siamo ovviamente un equipaggio, quindi il 6° turno di corvée deve giustamente essere nostro e così è stato per il pranzo di domenica.
Durante i lavori in acqua sono state svolte 5 mini regate, oltre alla gara di nodi fatta in casa. In acqua al sabato con poco vento si sono compresi e perfezionati i movimenti in tutta sicurezza, ma domenica il vento teso e costante ci ha permesso di toccare gli 8 nodi di velocità (1 nodo = 1 miglio nautico all’ora = 1852 metri/ora, circa 14,5 Km/h) per noi istruttori a bordo della Elan33. I ragazzi con i Meteor, più agili e compatti, hanno avuto meno velocità ma uguale divertimento. Il bello della vela non è la pura velocità, ma le sensazioni, il contrasto con la natura, la forza di dominare il vento e vincere le onde con gli schizzi d’acqua che c’investono dalla prua. Tutto questo facendo manovre piuttosto impegnative, indipendentemente dalla stazza della barca e dalla velocità che può raggiungere. Muoversi in acqua è divertente e impegnativo per tutti.
Le regate hanno visto equipaggi più o meno efficienti ma tutti particolarmente contenti dell’esperienza indipendentemente dai risultati ottenuti. Lo spirito di squadra e il lavoro hanno raggiunto gli obiettivi sperati. Il Ryght è stato un successo anche questa volta.
Ogni elemento di ogni equipaggio, a turno, ha avuto modo di essere il timoniere, quindi di comandare e coordinare il lavoro degli altri.
Curiosa la gara di nodi. Quattro nodi, quelli insegnati, uno per ogni elemento a tempo complessivo di squadra. A fine gara, ci siamo presi un momento per riflettere su alcuni aspetti.
Il primo è che l’errore di un singolo può vanificare il lavoro di tutti, quindi è necessario aiutarsi per il bene comune.
Il secondo aspetto è una valutazione sui motivi che hanno portato alcuni a sbagliare il proprio nodo. L’ansia del fare in fretta, di far vedere che si è bravi, la voglia di primeggiare in velocità, la paura di sbagliare (che fa sempre più danni dell’impreparazione) ha portato i ragazzi, anche i più bravi, a commettere un errore. L’obiettivo è la squadra, fare un nodo in 3” va benissimo, farlo in 5” va altrettanto bene, l’importante è non sbagliare… per la squadra. In acqua, sbagliare una manovra per la foga di finire prima del compagno, per far vedere di essere il più bravo può, in caso di errore, portare a situazioni spiacevoli. Ricordate, l’acqua è sempre a pochi centimetri da voi e pazientemente vi aspetta, senza sosta.
Ora pensiamo nella vita di tutti giorni… valgono le stesse regole.
Giorgia, 16 anni, mentre siamo in coda per il turno in bagno per lavarci i denti mi chiede: “Perchélo fate? Perché io sono qui?”. Le rispondo facendole comprendere i nostri motivi, i nostri obiettivi, le spiego che lo facciamo per puro volontariato, investendo tempo e risorse per loro. Le dico che i circa 2000 soci dei distretti 2041 e 2042 hanno investito 20-25 centesimi di euro a testa per il suo futuro, perché crediamo in lei e nei suoi compagni di avventura. Il Rotary non è un lavoro e sapere che apprezza il nostro sforzo è una soddisfazione unica.
Allegramente, con le premiazioni degli equipaggi, con i diplomi di partecipazione e le foto di rito e commiato si chiude questo splendido #ryght2018.
Noi e i ragazzi siamo ormai una famiglia e non ci resta che trovare posto sul treno per tornare a Milano, ovviamente in piedi e strizzati come acciughe nei vagoni, chiacchierando e scherzando come fratelli.
Il momento dei saluti a fine binario non ha visto lacrime di commozione, ma qualche occhietto lucido c’era e questo è un altro dei tanti aspetti importanti del Ryght e dei programmi dell’azione giovanile che svolgiamo nel Rotary. Oltre agli insegnamenti e al week end di vacanza offriamo esperienze forti, creiamo legami e seminiamo idee e momenti che resteranno nella memoria di tutti. Giorgia, Jacopo, Federico, Nicolas, Marialetizia, Matteo, Alessandro, Cecilia, Margherita, Beatrice, Gabriele, Edoardo, Dounia, Andrea, Federica e Alberto sono i nomi di una nuova famiglia, di fratelli e sorelle che con me, Giuseppe e Craig hanno creato un nucleo famigliare unico nel suo genere.
Tutto questo deve farci capire che lavoriamo nella giusta direzione, quindi:
“Cazza la randa, abbattiamo a dritta e procediamo su questa rotta, il vento che ci spinge è nostro alleato!”
di Andrea Brianza
Guarda anche il video della gara di nodi: clicca qui