Convirtuale di settembre

L’incontro con Don Dante Carraro, attivo in Africa l’associazione medici con l’Africa CUAMM

Il periodo Covid-19 ci ha portato a prendere dimestichezza con le riunioni online e questo ci ha permesso di organizzare incontri che mai avremmo immaginato trovandoci a Milano, Napoli e San Paulo nella stessa giornata. Questa presa di coscienza ha dato l’idea al Governatore Gerbelli di organizzare appuntamenti mensili online con relatori particolari che altrimenti non avremmo modo di incontrare e conoscere.
Don Dante Carraro esordisce sottolineando come una semplice differenza di forma grammaticale in realtà possa nascondere un profondo e diverso atteggiamento nei confronti dell’impegno sociale nell’attività di volontariato che affrontiamo e viviamo.
La differenza tra “Sono qui con gli africani” e “Sono qui per gli africani” a livello umano e di sentimenti è immensa. La locuzione “per gli” implicitamente ci pone su un piano diverso da chi stiamo aiutando, ci fa sentire superiori, ma soprattutto sminuisce chi stiamo aiutando facendola dipendere da noi stessi. È una visione egoistica arrogante. Al contrario, l’espressione “con gli” sottintende che si condivide tutto, che ci si mette alla pari, sullo stesso piano unendo le forse per un obiettivo comune. Queste sono le premesse per una proficua collaborazione.
Don Dante è in Africa con l’associazione Medici con l’Africa CUAMM, di cui è vicedirettore, e che da oltre 60 anni opera in Paesi problematici come il Sud Sudan, Sierra Leone, Uganda, Tanzania, Mozambico, Etiopia, Angola, Repubblica Centrafricana e altri Paesi sudsahariani.
La situazione sanitaria, da sempre problematica, di questi Paesi nell’ultimo anno e mezzo è peggiorato enormemente, più di quanto si possa immaginare facendo un confronto con le nostre situazioni.
C’è carenza di ossigeno e di bombole, ma soprattutto non ci sono altri sistemi di cura in questi Paesi. L’ossigeno è l’unica terapia possibile e disponibile.
A questo aggiungiamo una situazione di prevenzione e informazione altamente deficitaria che porta le popolazioni a non sentire il problema Covid-19 come un’urgenza. Si vive in una situazione assurda in cui non si usano i sistemi di protezione, ma si ha paura del contagio e delle conseguenze che ne possono derivare.
Gli ospedali sono già poco frequentati per le cure tradizionali come parto, terapie HIV. Come in tutto il resto del modo è fondamentale una campagna di vaccinazione a tutta la popolazione, ma ci sono dei problemi immensi da superare.
Innanzitutto, c’è carenza di vaccini. Ne arrivano pochi, e quelli che arrivano si fermano nelle città a ridosso degli aeroporti e non bastano nemmeno per il personale medico volontario.
Come se non bastasse la complessa situazione interna, i Paesi africani più di altri subiscono i danni dell’effetto accaparramento che alcuni Paesi hanno messo in atto.
Come Rotary possiamo fare molto, abbiamo i centri polio che potrebbero essere attrezzati anche per la produzione di vaccini contro il Covid-19, ma prima di fare questo è necessario che si liberalizzino i brevetti di produzione e di tecnologia necessaria per il ciclo industriale necessario.
Altra necessità impellente sono i mezzi di trasporto, agili ed economici necessari per trasportare i vaccini nei posti più disagiati e lontani dai punti di arrivo.
Don Dante provoca consigliando l’obbligatorietà dei vaccini a tutta la popolazione e poi chiude la serata dando un altro spunto di riflessione.
Il senso del limite che si acquisisce in queste realtà.
“Hai di fronte una cosa talmente grande che ti rendi conto che puoi fare solo una piccola parte, ma quando la fai sei già in pace con te stesso, nonostante il peso dei problemi, perché porti un aiuto piccolo ma essenziale”.
Assai interessante è la testimonianza di quanto sia stato possibile realizzare, grazie al supporto fornito dal Distretto Rotary della Toscana, con una fornitura di motociclette fuoristrada e di celle frigorifere per il trasporto dei vaccini. Sono l’unica risposta, per quanto possa sembrare una goccia nel mare, che si può dare in Paesi dove la popolazione fuori dalle città è lontana decine o centinaia di chilometri. Ma non chilometri di autostrada, bensì di sentieri impervi e scomodi: solo le moto consentono di raggiungere questi villaggi remoti e portare i vaccini, quando arrivano, agli abitanti.
C’è un grande bisogno di aiuto.
E non sembri che sia un problema di priorità inferiore rispetto a quella di sconfiggere il Covid-19 nei nostri territori.
Fino a quando il Covid-19 non sarà sconfitto in Africa, come in altri fra i Paesi più poveri della terra, non potremo considerare la guerra conclusa anche nei nostri Paesi. Fino a quando il virus circolerà in qualsiasi landa del mondo, anche la più remota, potrebbe attraversare mari e terre e raggiungerci ancora.
Forse, vale la pena pensarci!

Andrea Brianza e Gilberto Dondè