Fellowship “Cycling-to-Serve”

I Distretti 2041 e 2071 insieme per una maggiore sicurezza sulle strade

Obiettivo zero vittime: ospiti del Rotary Club di Siena ne abbiamo parlato con gli esperti, tra i quali il Campione del Mondo Cipollini, moderatore Jean Claude Pinto del Rotary Club Milano Arco della Pace.
Saltare in sella a una bicicletta, per sport, per diletto o meglio ancora per rendere green la nostra mobilità. Validi per amare le due ruote ma a condizione di poterlo fare in piena sicurezza. Un’ovvietà, penserà qualcuno: in realtà è più facile a dirsi che a farsi se è vero, come è vero, che in Italia muoiono in incidenti stradali oltre 250 ciclisti l’anno (una vittima ogni 35-40 ore, senza contare le migliaia di feriti) con un incremento del 15,5% nel 2019 rispetto al 2018, come certifica l’ISTAT e che il nostro Paese fatica ad avvicinarsi a quel meno 50% di infortuni stradali, obiettivo posto dall’Europa nell’arco del decennio 2010-2020.
Di questo e molto altro si è parlato alla tavola rotonda promossa dal Rotary Club di Siena, Presidente Elisabetta Miraldi con il contributo e il patrocinio della Fellowship Cycling to Serve – Ciclisti Rotariani Italiani.
Un evento che ha registrato moltissimi partecipanti da ogni parte d’Italia tra i quali Cipollini, campione del mondo di ciclismo nel 2002.
L’abbiamo chiamata tavola rotonda poiché, tra i tanti temi affrontati, c’è stato anche quello dell’educazione stradale che non riguarda soltanto chi viaggia sulle due ruote, ma anche automobilisti e pedoni, categorie alle quali è richiesta oggi una sempre maggiore consapevolezza di come si condivide l’elemento in comune: la strada.
Dopo una breve introduzione del Presidente Miraldi del Rotary Club di Siena, la parola è passata a Jean Claude Pinto, socio del R.C. Milano Arco della Pace e membro della Fellowship Ciclisti Rotariani e da sempre sostenitore della sicurezza sulla strada.
Pinto ha ricordato come quello della mobilità sia un argomento sempre più al centro del dibattito politico e amministrativo delle nostre città. Ha riconosciuto come molte amministrazioni locali stiano incentivando una mobilità sostenibile. Spesso però il crescente utilizzo della bicicletta e dei monopattini (anche in sharing), nella stragrande maggioranza dei casi senza una vera visione strategica capace di coinvolgere tutte le componenti in gioco, vede crescere, anziché diminuire, gli infortuni stradali.
La parola è poi passata all’avvocato Gianluca Santilli, presidente dell’Osservatorio Bikeconomy, che è entrato nel vivo dell’argomento mobilità sostenibile, partendo da una semplice osservazione: ovvero come la maggioranza delle grandi città italiane siano state ‘disegnate’, nel corso dei decenni, in funzione dell’uso dell’automobile. Un trend che continua ancora oggi, per invertire il quale occorre una vera e propria rivoluzione culturale che ci coinvolga tutti perché, così ha detto: “nessuno di noi è immune da responsabilità, qualunque sia il suo ruolo sulla strada”.
Un cambio di passo che il nostro Paese dovrebbe intraprendere trasformando le attuali criticità legate al COVID-19 in opportunità di crescita dato che: “la mobilità sostenibile è foriera di guadagni, basti ad esempio pensare al business dell’Alta Velocità che ha modificato profondamente il nostro modo di muoversi”.
Argomentazioni che stentano a farsi largo nella mente di coloro che hanno la responsabilità politica di questi cambiamenti con l’unico risultato di un grande e infruttuoso dispendio di risorse finanziarie. Eppure, ha sottolineato l’oratore, non occorrerebbe neppure chissà quale sforzo di fantasia progettuale perché le soluzioni sono a portata di mano, vicino a noi o meglio in quei Paesi virtuosi i cui provvedimenti in materia di mobilità sostenibile basterebbe copiare. E qui il Presidente dell’Osservatorio Bikeconomy ha fatto riferimento ai Paesi Bassi, dove è dalla crisi petrolifera degli anni ’70, che si persegue la progressiva dismissione dell’uso dell’auto; a Londra, che destina 350 milioni di sterline ogni anno alla mobilità sostenibile, facendone beneficiare anche le attività commerciali, e a Parigi, sempre più vicina all’ideale modello di smart city. Ma c’è un ingrediente in queste ricette virtuose che non può essere copiato, è stata la conclusione di Santilli, ed è la competenza che deve stare al centro di queste scelte.
Il tema della sicurezza stradale è stato affrontato, quindi, da Valentina Borgogni presidente dell’Onlus intitolata al fratello Gabriele morto in un incidente stradale a soli 19 anni. Da lei sono venute parole in chiaro e scuro, di speranza ma anche delusione. La speranza viene dai risultati che la Onlus ha ottenuto in questi quindici anni di battaglie di sensibilizzazione a una sempre maggiore consapevolezza da parte degli utenti della strada, comunque si muovano, anche a piedi; Valentina Borgogni ha ricordato i tanti incontri svolti nelle scuole; i risultati ottenuti con la Regione Toscana che ha portato alla creazione dell’Osservatorio toscano sulla sicurezza stradale; il tentativo non ancora raggiunto di introdurre l’educazione stradale come materia di studio per le classi dell’obbligo. Fin qui la speranza, la delusione la Presidente della Onlus l’ha espressa riguardo i ritardi accumulati negli anni nell’approvazione del nuovo codice della strada che pure prevede norme che potrebbero aumentare la sicurezza stradale a cominciare dall’introduzione, nelle aree urbane, della velocità massima a 30 km l’ora o la previsione di una aggravante per chi è sorpreso a usare il cellulare mentre è alla guida.
Il giro degli interventi in programma è stato concluso da Alessandro Malagesi, promotore dell’associazione Rispettiamocinstrada. Anche Malagesi si è soffermato, con una testimonianza personale (lui vive a Roma), di come i buoni propositi si scontrino con una realtà fatta di improvvisazione e inesperienza: spesso le piste ciclabili sono tracciate su percorsi che mal si adattano al tessuto urbano che le accoglie, occorre dunque adeguare questi percorsi riservati sfruttando al meglio quanto la legge mette in campo, a cominciare dall’istituzione di zone 30, di aree pedonali e zone a traffico limitato. Riguardo alla formazione Malagesi ha suggerito di dare più spazio alla sicurezza stradale nell’ambito dei corsi svolti dalle autoscuole.
Infine Mario Cipollini ha voluto ricordare che nei Paesi Nord Europei i bambini vanno a scuola in bicicletta da soli e con qualsiasi tempo, che a New York ci sono donne che vanno in bicicletta a cene di gala con le sneaker portandosi le scarpe “tacco 12” nel cestino e che essenzialmente in Italia c’è un problema di carattere culturale. L’arrivo delle nuove tecnologie e la diffusione dei sensori anche sulle auto non di gamma alta aiuterà certamente a migliorare la sicurezza sulle strade.
In conclusione, Pinto ha voluto evidenziare che questo incontro col Rotary Club di Siena rientra nell’ambito di un percorso di sensibilizzazione sul tema “Sicurezza sulle Strade” che vedrà analoghi eventi insieme ad altri Club e la identificazione di un progetto comune sostenuto dai vari distretti italiani.

Jean Claude Pinto
Fellowship “Cycling-to-Serve”.

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