Come rotariani siamo portati a sottolineare il valore della relazione nelle nostre strategie per la pace, e non c’è nulla di più vero della forza che effettivamente i rapporti tra le persone possono esprimere, per orientare quel valore verso la necessità di intraprendere una direzione condivisa, anche nel caso della ricerca della pace. Dobbiamo renderci sempre più convinti sostenitori della responsabilità individuale nel compimento di questo percorso, di quanto effettivamente possa fare la differenza il nostro pensare, il nostro dire e soprattutto il nostro fare. Trincerarsi dietro il muro di una responsabilità collettiva senza volto, spesso per giustificare le conseguenze di scelte politiche ed economiche non socialmente equilibrate, non è in linea con i principi del Rotary.
È il rispetto dei nostri valori a riportarci quotidianamente alla valorizzazione dei nostri ruoli, sociale e professionale, e al loro potenziamento, grazie a quella dinamica associativa in cui è la somma delle responsabilità individuali a determinare reputazione e credibilità. È sempre più difficile scrivere di pace senza retorica, considerate le riflessioni e gli scritti che sembrano rincorrersi sul tema, alla ricerca dell’espressione non ancora pronunciata e della sensazione non ancora suscitata. Eppure abbiamo continua testimonianza di iniziative rotariane che nelle dinamiche del quotidiano danno un senso di concretezza sorprendente alle teorie di pace di cui ci rendiamo interpreti, talvolta con troppa facilità.
La pace si costruisce, non solo si decanta; la pace si può toccare con mano, non solo si evoca; la pace è possibile, non solo si spera invano. Ciò è vero se si possono produrrei nel fare del bene, nella disponibilità a rendersi interpreti del bisogno, nella volontà di diffondere la cultura della comprensione. Ne parleremo al congresso di aprile Fare Sistema per Milano, per dimostrare la volontà rotariana e di molti soggetti della società civile invitati a partecipare, di garantire la pace attraverso la rete delle relazioni nella nostra comunità, lavorando anche laddove la pace pare non essere minata. E troveremo molto del nostro pensare anche in occasione della Peace Conference di Taranto, dove l’aria della pace si respira più inquinata, per quel confronto continuo con l’arrivo di migranti, che spesso drammaticamente rappresenta la fuga verso la pace. Un filo rosso lega le nostre intenzioni e le nostre azioni, chiamandoci a calibrare il nostro impegno nella situazione di pace, perché questa sia mantenuta; nella ricerca della pace, laddove questa non sia considerata diritto.