Intervista a Roberto Bosia, Governatore Distretto 2041

Dove c’è acqua c’è vita e sviluppo

Il programma Aquaplus è “tipicamente” rotariano, perchè trasmette competenze, ma fa un passo in più: attraverso una progettazione organica, permette di farle germogliare sui territori in cui agisce, facilitandone lo sviluppo. I Club possono contribuire in modo innovativo, attraverso le tecnologie digitali, alla sua diffusione… Sono queste alcune delle indicazioni del Governatore del Distretto 2041 Roberto Bosia, che abbiamo intervistato.

I progetti distrettuali sono molti. Cosa distingue Aquaplus?
Siamo di fronte a un progetto pluriennale nell’ambito di quelle che sono le linee d’azione del Rotary, cioè nell’ottica di promuovere la crescita personale e delle comunità. In particolare, i target sono la lotta alla fame e alla sete, ma anche lo sviluppo delle fonti alternative di energia. Per questo il terreno d’applicazione è così vasto da poter essere definito globale, da Haiti all’Africa.

Il metodo Aquaplus può essere esportato in altri progetti umanitari?
Dal punto di vista generale penso di sì, in quanto al centro del programma c’è il concetto di partnership, ma visto in modo innovativo. Non ci limitiamo più a trasmettere competenze ma vogliamo incitare il saper fare nei territori e promuovere un reale scambio di esperienze. Ciò è possibile attraverso il progetto organico che viene sviluppato e che punta a rendere autosufficiente la comunità in cui si interviene. Per usare una vecchia metafora, non diamo il pesce ma insegniamo a pescare. Il processo è ovviamente lungo e quindi va reso costante.

Concretamente, cosa possono fare i nostri club per Aquaplus?
Tradizionalmente, i singoli Club sono molto orientati a attività progettuali sul territorio milanese e metropolitano. Ma l’emergenza coronavirus ha limitato fortemente la presenza fisica e quindi il volontariato oggi passa per via digitale: i singoli soci come i Club possono mettersi a disposizione di un’azione positiva attraverso le nuove tecnologie di comunicazione, in una logica bottom-up, ancorché indirizzata dal Distretto.

Promuoverai l’utilizzo di questa metodologia in altri progetti distrettuali?
Ci stiamo orientando su questa metodologia soprattutto per iniziative di aiuto alle famiglie disagiate e per quanto attiene un progetto specifico di didattica a distanza. Sono convinto che il valore aggiunto di progetti come questo sia proprio quello di fecondare con la competenza quelle aree sociali che hanno bisogno di know how per svilupparsi.

Cosa si dovrebbe fare per dare visibilità a questo programma?
È finito il tempo delle cene di gala, almeno finché dura il Covid. Serve piuttosto un’azione – soprattutto attraverso i social – per un’informazione puntuale dei club sul progetto. Essere informati è il primo passo per contribuire concretamente. Credo sia utile anche raggiungere con queste informazioni i consolati, che sono un target specifico.

Il nome Aquaplus ricorda Polioplus: cosa li accomuna?
Li accomuna una scommessa: nel 1985, quando partì la campagna contro la polio fu una scommessa globale. Allora si lottava per la salute, in questo caso per lo sviluppo. Non dimentichiamo, infatti, che l’acqua è il nuovo petrolio, la fonte di energia del presente e del futuro. Dove c’è acqua c’è vita e sviluppo.