Di selve oscure, ché la diritta via era smarrita, se ne canta dalle origini della nostra cultura. Molte di queste appartengono però a storie fragili, che fanno notizia solo quando l’epilogo sa già di tragedia.
Ebbene, in Romagna, in una specie di oasi a due passi dal mare incastonata fra vigneti e nuove speranze, ciascuna di queste selve viene raccontata, esplorata, superata. Succede a San Patrignano, dove, dal 1978, oltre ventisei mila ragazzi hanno affrontato la selva della tossicodipendenza e ritrovato la via smarrita. Oggi San Patrignano è un modello di impresa sociale riconosciuto in Italia e nel mondo, un ecosistema in cui ognuno ha il suo ruolo, il suo lavoro, e la dignità che ne deriva. Si produce dell’ottimo vino, salumi, pane e pasta, borse, anche firmate, peluches e molto altro. La sostenibilità qui assume significato e valore soggettivi: offrire tempo e modo per costruire consapevolezze abbastanza solide per affrontare il mondo sul lungo periodo.
Abbiamo visitato la comunità un soleggiato sabato di marzo, incrociando gli sguardi di molti dei milletrecento ragazzi per i quali San Patrignano è diventata casa, famiglia, futuro. Tre di questi ci hanno raccontato le loro storie, mentre ci accompagnavano tra le strade e le mura di una vera città in miniatura.
Stefano, 41 anni architetto e chef, ha perso tutto quando ha trovato il crack quindici anni fa. A San Patrignano è arrivato quattro anni fa con un aereo da Santo Domingo, quando ogni speranza sembrava tagliata da cocaina e bicarbonato. Qui si occupa della cantina, senza mai bere un bicchiere, anche se la cosa che ama di più, dice, è raccontare la sua casa a gente come noi.
Per Aurora, 21 anni, era il penultimo giorno a San Patrignano. Il lunedì successivo avrebbe segnato non solo una nuova settimana, ma l’inizio di un nuovo girone fatto di curricula, colloqui e possibilità in Sardegna, a casa della zia. Una vita normale non la vive da quando, a quattordici anni, ha varcato per la prima volta la soglia di un istituto correttivo.
Infine, Marco, 25 anni e tante fughe da casa alle spalle, ha trovato in quest’oasi le sole aule da non abbandonare prima di arrivare al diploma, e poi magari, chissà, iscriversi all’Università.
Perché è proprio questo che accomuna tutte le storie quando finiscono le selve: quando riappare la luce, si può ricominciare a sognare, in grande.