L’integrità nel Rotary

Uno dei valori più importanti alla base dell’Associazione

La Professoressa Elena Pulcini è stata Docente di Filosofia Sociale all’Università di Firenze. L’accademica pose al centro della sua ricerca il tema delle passioni e dell’individualismo delle patologie sociali della modernità e delle forme del legame sociale. Nel suo ultimo saggio la Professoressa Pulcini si è domandata: perché ci prendiamo cura degli altri quando non siamo legati da un rapporto personale? Perché lottiamo per la giustizia anche quando non ci riguarda direttamente? Quali sono, insomma, i fondamenti motivazionali che ci spingono ad agire eticamente e ad adottare comportamenti socialmente empatici? (E. Pulcini, Tra Cura e Giustizia, Bollati Boringhieri).
I più recenti approfondimenti della filosofa aquilana, deceduta lo scorso 9 aprile, consentono di riaffermare contro ogni riduzione unilaterale la complementarietà di due prospettive etiche tanto più necessarie quanto più esse sono chiamate a misurarsi con sfide radicali del nostro mondo globale. Prima fra tutte l’ampliamento dell’idea stessa di altro distante nello spazio (lo straniero, il diverso) e dell’altro distante nel tempo (le generazioni future).
Sono grato al Governatore Manlio Grassi e all’Istruttore Alessandra Faraone Lanza per avermi consentito di aprire la finestra sul valore dell’integrity, in conseguenza dell’avere essi spalancato la porta su tutti e cinque i valori che stanno alla base sia del Rotary International, sia della nostra stessa appartenenza.
Taluni sostengono che viviamo in un mondo V.U.C.A. connotato secondo le teorie di Bennis e Nanus, da volatilità, incertezza, complessità e ambiguità. Tale stato di cose abbastanza evidente mette costantemente alla prova quelle organizzazioni che fondano la loro appartenenza e ispirano il loro impegno a valori realmente autentici nella loro essenzialità, fra questi l’integrity può forse essere considerata la più potenzialmente vulnerabile laddove si confonda l’oggettiva constatazione di vivere in un mondo liquido con una forma di opportunistico relativismo. Interessante constatare come nell’Antico Testamento la parola ebrea tradotta come integrità significa “la condizione d’essere senza macchia, di completezza, perfezione, sincerità, sanità, rettitudine, interezza”; interessante apprendere come nel Nuovo significhi “onestà e aderenza a un modello di buone opere”. Non meno stimolante è constatare che integrità, al mondo d’oggi, assume sempre più spesso il significato di incorruttibilità morale.
Per molti anni nel Rotary vissuto nella dimensione territoriale, abbiamo probabilmente dato per acquisito che il valore dell’integrity, nelle sue possibili declinazioni, fosse implicito nell’essere rotariano, la reputazione personale e proprio l’integrità del socio presentatore facevano sì che ai nuovi fellows, pur nella loro unicità, venisse riconosciuta pari credibilità e autorevolezza, ma indubbiamente la precondizione della certezza del requisito dell’integrità (e non della sua implicita condizione) ha sempre rappresentato un fortissimo punto di attenzione della nostra Associazione riscontrabile forse solo in alcune millenarie gerarchie.
Senza soffermarci sull’attualità oggetto di riflessioni, mai sufficientemente profonde data la rilevanza del tema, potrebbe giovare domandarsi perché il Rotary annovera in modo esplicito fra i suoi valori quello che dovrebbe essere talmente scontato da poterlo sottintendere.
Credo che l’integrità rappresenti il valore trasversale ai nostri altri quattro valori, sto affermando che l’integrità è richiesta nel dare attuazione pratica alla Fellowship, all’esercizio della leadership, alla realizzazione di service, al rispetto della diversity, valore ulteriormente richiamato ed evidenziato dalla Dichiarazione del Rotary International sulla Diversità, Equità e Inclusione. A suffragio di quanto affermato poco fa un passaggio di tale Dichiarazione credo possa essere illuminante laddove si dice “Fare della diversità, dell’equità e dell’inclusione una priorità è responsabilità di tutti, dai soci del Rotary allo staff del Segretariato”. All’indomani dell’importante operazione culturale posta in essere dal Past Board Director Viale, varie voci hanno divulgato gli antefatti antropologici, socio-economici, culturali e psicanalitici insiti nella genesi della nostra Associazione.
Indubbiamente la messa al centro dell’integrità, a prescindere dall’epoca della sua formalizzazione, ha sempre percorso e connotato la nostra dimensione valoriale, probabilmente per il fatto che il Club sorto al 127 di Derarborn Street, in un immobile di proprietà dell’Unity Building, nacque in una città animata da un famelico desiderio di affermazione.
Tiziana Agostini nel suo In principio era il Rotary ci ricorda quanto negli anni immediatamente precedenti alla nascita del Rotary nella Windy City lo sviluppo impetuoso si accompagnasse al determinarsi di forti disuguaglianze e conseguenti tensioni sociali, e assediata da inquinamento, congestionamento e mancanza di servizi, assurgesse a sede dei più violenti scontri sociali, sino a che “Gli affari cominciarono ad avere una coscienza di classe e si dubitò che questa potesse avere qualcosa in comune con il banditismo”. (Harris, This Rotarian cit., cap. XVI For a Neighborly World).
Indubbiamente il valore dell’integrity porta con sé una forte connotazione deontologica la cui radice di tale aggettivo riporta all’etimologia di origine greca studio del dovere. Kant assegna alla logica, attraverso l’imperativo categorico, il dovere di determinare la correttezza o meno di un’azione, ed è allora interessante constatare come la nostra Prova delle Quattro domande, nata in una dimensione imprenditoriale e professionale, sia connotata da una logicità disarmante. Ciò che penso, dico o faccio:

  1. risponde a verità?
  2. è giusto per tutti gli interessati?
  3. promuoverà buona volontà e migliori rapporti di amicizia?
  4. sarà vantaggioso per tutti gli interessati?

Non è casuale che tale catechismo sia nato in una dimensione professionale e in un contraddittorio contesto di crisi.
Sembrerebbe allora che l’integrità non possa prescindere da un sobrio e logico approccio alla risoluzione di problemi che, tradotto in termini valoriali, noi chiamiamo service.
Logica fu la scelta di identificare quattro fondatori di discendenza nazionale e fede religiosa diverse, connotata da integrità la convinta scelta di Harris che il Club di Chicago non dovesse esistere unicamente allo scopo di favorire gli affari dei soci che ne facevano parte, altrettanto logica e quindi connotata da integrità, la decisione di intraprendere nel 1907 la prima esperienza di servizio, in ambito igienico, a favore della comunità di una città il cui languido fiume “era contaminato dal trasporto delle acque di scarico, dagli oli e dai grassi dei depositi di bestiame, il cui fetido carico sarebbe andato a riversarsi nel lago Michigan, da dove la città attingeva la propria fornitura d’acqua”. (Harris, This Rotarian Age, cit.cap. IV Qualcosa di buono può venir fuori da Chicago?).
Dunque integrity non solo nelle propria vita privata e professionale, ove rappresenta certamente un prerequisito, ma anche nel morale livello di coerenza con cui si vive la propria appartenenza al Rotary International, oltreché all’assiduità semplicemente certificata dalla propria firma sulla ruota.
Non si onora il valore dell’integrity se si ostacola lo sviluppo della membership in ottica di diversity, altrettanto si fa allorquando per questioni capziose non si rispetta la Fellowship, valore diverso ma non meno nobile dell’amicizia; affermando modelli di leadership bulimica, inoltre, non si fa parimenti onore al valore dell’integrità.
Poco fa ho citato il filosofo di Konigsberg, l’imperativo categorico di Kant si fonda sull’idea della massima che contraddice se stessa; l’esempio assunto è quello di chi si rifiuta di aiutare gli altri perché indifferente alle loro sorti, un mondo in cui ognuno pensa solo alla propria felicità è coerentemente immaginabile. Kant però ci ricorda anche che, qualora esistesse una volontà che istituisse tale principio si autocontraddirebbe, poiché ogni singolo perderebbe la possibilità di essere soccorso nel momento del bisogno e questo non è razionalmente desiderabile da alcuno: One Profits Most Who Serves Best (Portland OR, 1911).
Penso comunque sia giusto e doveroso, chiudendo queste brevi riflessioni proprio in queste ore, ricordarci e ricordare quanto rappresenti un’altissima ispirazione e un invito all’integrità del nostro essere rotariani, avere sempre ben presente questa decisa, universale e perenne esortazione: agisci con credibilità, coerenza e continuità.

Alberto Ganna
PDG Distretto 2042