È difficile spiegare per iscritto quello che ho vissuto insieme ad altri 19 miei coetanei du-rante il Progetto “Winter School-Coexistence”, promosso dal Distretto 2042 in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria di Como. Il progetto si è svolto dall’11 al 24 febbraio 2019 e ha visto la partecipazione di un gruppo composto da 10 studenti italiani, tra cui la sottoscritta, e 10 studenti israelo-palestinesi di origine ebraica e araba: non co-noscevo nessuno prima di partire e, una volta terminato il programma, posso dire di aver trovato molti nuovi amici.
La prima settimana, dall’11 al 17 febbraio, si è tenuta a Como. Sono stati dei giorni molto intensi e interessanti da tutti i punti di vista, così come la seconda settimana in Israele.
Io e gli altri ragazzi abbiamo assistito a varie lezioni sul tema dei conflitti, in particolare religiosi e interetnici, e della pace. Numerosi sono stati anche gli ospiti che hanno parlato e portato alla nostra attenzione le loro esperienze lavorative e di vita, come per esempio l’Imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini. Oltre a questo, abbiamo avuto la possibilità di partecipare a workshop nei quali abbiamo lavorato su noi stessi e sul nostro rapporto con gli altri. Abbiamo imparato come ascoltare gli altri in maniera positiva, senza cercare di trova-re subito una risposta a quello che sentiamo ma interiorizzando le loro parole per assumere una posizione più pacifica. Siamo stati coinvolti in un particolare workshop che si basava sulla tecnica del “cyrcle” la quale prevedeva che fossimo tutti seduti in cerchio in-torno a una candela accesa, come in un vero e proprio rito magico. Ognuno poteva parla-re soltanto se teneva tra le mani un particolare oggetto, portato dal docente che ci guidava nell’esperimento. In questo modo si era costretti ad attendere prima di rispondere e vi era così il tempo di riflettere su quanto riferito dagli altri membri del gruppo, di elaborare una risposta ponderata e magari anche di cambiare opinione. Così facendo è stato possibile condurre una discussione costruttiva che ci ha portato ad essere più sereni e rilassati.
Durante la prima settimana abbiamo anche fatto visita al Forum delle Religioni a Milano e all’Università di Bergamo, oltre che alla biblioteca della stessa città. Per ultima in ordine temporale, la gita a Bellinzona ha permesso di mostrare la diversità di un contesto estraneo a quello italiano, seppur molto vicino.
La prima parte del Progetto è stata molto intensa sia dal punto di vista universitario che dell’apprendimento, ma soprattutto della conoscenza reciproca all’interno del gruppo.
La seconda settimana in Israele, dal 17 al 24 febbraio, si è articolata principalmente in vi-site guidate all’interno del Paese. Dapprima ad Haifa, poi a Nazareth e Gerusalemme, Mar Morto, Fiume Giordano e infine Cafarnao. Queste visite, insieme ai racconti personali dei ragazzi israelo-palestinesi, hanno permesso di conoscere più a fondo una realtà così controversa e complicata come quella del loro Paese d’origine. Le accese discussioni che talvolta scoppiavano tra di loro hanno mostrato come, nonostante i rapporti di amicizia e condivisione tipici in un gruppo di ragazzi di 20 anni, siano sempre latenti delle conflittualità profonde che non si riescono a superare. Tutto ciò dimostra, ancora una volta, quanto sia difficile elaborare una soluzione univoca che metta d’accordo le diverse parti del conflitto tra arabi ed ebrei. Personalmente, ho appreso molto dall’incontro diretto con persone provenienti proprio da quei luoghi: in pochi giorni ho infatti imparato molto di più di quello che avevo studiato e letto in precedenza.
Per non farci mancare nulla, ci siamo concessi anche una notte a Istanbul sulla via del ritorno. In Turchia, abbiamo perso la coincidenza per Milano a causa di un ritardo del volo partito da Tel Aviv. Dopo il classico iter in aeroporto, abbiamo deciso di visitare la città alla sera e mangiare qualcosa fuori. Abbiamo girato per le strade di Istanbul con l’accompagnatrice dell’Università dell’Insubria, docente di cultura turca, sotto un’abbondante nevicata! Penso che sia stato un modo davvero alternativo per terminare un’esperienza di questo tipo.
Non sono certo mancati momenti di conflitto e di discussione tra di noi. Le nostre diverse culture e il nostro differente modo di vedere le cose hanno spesso creato delle situazioni piuttosto tese, soprattutto in università, nelle quali non ci siamo trattenuti dallo scontrarci. Queste incomprensioni, però, sono state da noi sempre risolte, poco dopo o magari durante la cena. È proprio da questi momenti di tensione che credo di aver imparato di più: siamo stati infatti capaci di esprimere le nostre idee contrastanti, di scontrarci animata-mente sulle questioni più disparate, ma anche di riconciliarci.
Alla fine di tutto, sono tornata a casa arricchita da un’esperienza unica che mi ha per-messo di conoscere nuove persone diverse, di visitare luoghi che non avevo mai visto, di scoprire verità che ignoravo ma soprattutto di mettermi alla prova. Questa non è la prima esperienza che mi vede coinvolta in un progetto organizzato dal Rotary e posso dire con certezza e grande piacere che, dalle varie attività a cui ho preso parte, ne sono sempre uscita più matura e consapevole, innanzitutto di me stessa ma anche del mondo intorno a me.
(In allegato, due articoli relativi alla Winter School pubblicati sui quotidiani locali).