Progetto Missione Ucraina

Cronaca di un viaggio ai confini dell’Europa

RC La Malpensa

La mattina del 5 marzo, dopo aver letto sulla stampa il peggioramento delle notizie sulla guerra in Ucraina, veniamo investiti dalla scintilla che accende in noi la fiamma del service above self, insita in ogni rotariano. Non possiamo restare inerti o ignavi davanti a questa tragedia. Dobbiamo agire e fare qualcosa! Dopo un breve scambio di telefonate e messaggi mail, mettiamo a terra qualche idea concreta da poter attuare nell’immediato.
Il progetto prevede di trasportare medicinali di prima necessità e coperte, alla frontiera tra Ucraina e Polonia, con un furgone guidato direttamente da noi. Illustriamo il nostro intento al Presidente del nostro Club che, senza esitazione, ci dà il via libera con ampia delega a operare. Contattiamo necessari alla popolazione. Roberto Grassi, imprenditore illuminato e squisito consocio, ci mette a disposizione le coperte prodotte dalla sua azienda Alfredo Grassi spa.
Individuiamo in Przemyśl, la città più coinvolta nel flusso migratorio proveniente dall’Ucraina, nel Voivodato della Precarpazia, a 14 km dal varco di frontiera di Medyka, la nostra meta. In questa località si concentra tutto il traffico proveniente dal nord ovest dell’Ucraina e da Leopoli, che dista 90 km dal confine polacco.
Ci mettiamo in contatto con il Rotary Club di Rzeszòw (Distretto 2231), situato a poca distanza da Przemyśl, per avere un punto di appoggio logistico in loco. Il Club ci mette immediatamente in collegamento con delle persone di fiducia che possono accoglierci e gestire lo smistamento della nostra merce attraverso la dogana ucraina.
Due giorni prima della partenza ci vengono segnalate operazioni belliche e bombardamenti a Yavoriv, a soli 25 km dal confine polacco, e ci rendiamo conto dei rischi ai quali andremo incontro e della cautela che dovremo adottare nell’affrontare questa trasferta.
Dopo aver accuratamente pianificato l’itinerario, che passa attraverso Vienna, Brno, Katowice e Cracovia, e immaginando che la durata complessiva del viaggio sarà direttamente correlata all’intenso traffico presente in prossimità della zona di confine, ipotizziamo che per completare il tragitto, lungo 3.200 km, saranno necessari 4 giorni e 3 notti.
All’alba di giovedì 17 marzo partiamo con il nostro furgone, carico fino all’inverosimile, con un po’ di apprensione e molto entusiasmo. 
Il viaggio si svolge nel migliore dei modi, anche grazie alle favorevoli condizioni meteo, e ci consente di apprezzare la morfologia del territorio austriaco, ceco e polacco, poco antropizzato, caratterizzato da molte foreste e strade che si appoggiano dolcemente sulle colline, in un sinuoso sali-scendi. Incrociamo lungo il nostro tragitto diversi convogli militari che trasportano materiale bellico verso il confine ucraino. 
Dopo una tappa notturna in una località a ridosso di Brno, in Cechia, arriviamo a destinazione nella mattina di venerdì. Grazie alla tecnologia Gps riusciamo a incontrare i nostri contatti nel luogo e all’ora concordata, con una precisione insperata. 
Scarichiamo il nostro carico di 1.187 confezioni di medicinali e 90 coperte, in un posto sicuro all’interno di un magazzino protetto, situato in una sperduta zona agricola tra Przemyśl e Medyka.
I nostri contatti, Olga Rak, Medico Odontoiatra, e suo marito Mykhailo, anche egli Medico, manifestano il loro stupore nel vedere che abbiamo fatto scrivere su ogni scatola la descrizione del contenuto in lingua ucraina, e preparato un accurato documento di trasporto con la specifica e le quantità di ogni prodotto trasportato.
Appena terminato di scaricare il furgone ci rendiamo subito conto che esiste una rete di contatti molto fitta ed efficiente. Olga trasmette l’inventario della nostra merce sui canali Telegram e WhatsApp, appositamente creati, e assegna in tempo reale tutti i farmaci ai diversi ospedali che ne fanno richiesta. La guerra genera sistemi paralleli, ad opacità variabile, che permettono di gestire le sopraggiunte necessità emergenziali in modo diverso, ma molto efficace. 
Olga e Mykhailo ci raccontano che hanno lasciato Leopoli due settimane prima, semplicemente chiudendo a chiave la porta di casa, con due valigie e loro figlio di sette anni, per rifugiarsi in Polonia. Qui si sono messi al servizio degli ospedali ucraini per canalizzare l’approvvigionamento dei farmaci necessari. Non sanno quanto resteranno in questa condizione; la loro vita è come sospesa in un limbo.
Il figlio, come molti bambini e ragazzi ucraini, ha dovuto interrompere gli studi scolastici e non sa quando potrà riprendere il suo percorso formativo. 
Ci rechiamo al valico di confine di Medyka, direttamente nel campo di prima accoglienza, allestito in modo più che soddisfacente dalle autorità polacche e dalle molte ONG presenti, e assistiamo alla triste processione di tante famiglie che varcano il confine con solo una valigia in mano. 
Il flusso è incessante; dal varco pedonale continuano a entrare in Polonia centinaia di persone ogni ora, migliaia ogni giorno. Le famiglie sono composte da donne, bambini e anziani, alcuni dei quali anche con difficoltà motorie che richiedono assistenza specifica. Gli uomini sono rimasti in patria a combattere e difendere la libertà del loro Paese. Slava Ukraini! Heroiam slava! (Ndr: Gloria all’Ucraina! Gloria agli eroi!). 
Osserviamo passare persone molto composte, con lo sguardo smarrito ma pieno di dignità, che solo un popolo fiero e impavido, come quello ucraino, può avere. 
ll campo di accoglienza è solo la prima tappa di una nuova vita, che ancora non sanno se sarà temporanea o definitiva. Non conoscono cosa li attende e s’incamminano a testa alta verso un futuro pieno di incognite, con la fiducia e la speranza che tutto questo incubo possa finire.
Notiamo con dispiacere una zona del campo dove sono accatastate casse di vestiti, all’aperto e in malo modo, probabilmente raccolti da qualche Onlus volenterosa, ma inesperta, che non ha verificato con attenzione dove e come potessero essere impiegati i loro contributi. Per gestire le raccolte a scopo umanitario non basta la buona volontà, ma è necessaria una preparazione specifica nel settore; il Rotary, grazie alla sua consolidata esperienza, potrebbe essere di grande aiuto a tutte quelle organizzazioni che si improvvisano. 
La giornata è stata lunga e faticosa, ci dirigiamo a Jaroslaw allontanandoci dalla zona di confine, che presenta dei rischi legati alla vicinanza del teatro bellico, per riposare in attesa del viaggio di ritorno che ci porterà a ripercorrere al contrario la strada dell’andata.
Arriviamo a casa nel pomeriggio di domenica 20 marzo dopo aver percorso 3.400 km, con la tristezza nel cuore, ma con la certezza che il nostro viaggio ha generato gli effetti sperati. Olga ci conferma che tutti i nostri beni sono arrivati a Leopoli e sono già stati smistati nei vari ospedali.
Il progetto è stato ideato, organizzato e concluso in soli 15 giorni, compreso il viaggio. Abbiamo portato a termine la nostra missione con l’animo, e la passione, di chi crede fermamente che fare Rotary significhi essere coinvolti personalmente nella gestione e nell’attuazione dei progetti, seguendo tutta la filiera, dall’approvvigionamento dei prodotti, al trasporto fino alla consegna dei beni nelle mani di chi è stato selezionato come partner affidabile, grazie al capillare network rotariano.

Il Rotary del fare e non solo del dare.

Giovanni Arosio e Antonio Locati