Rotary Day at the United Nations

Se le emozioni e le passioni sono un valido antidoto all’invecchiamento, certo il Rotary può essere un’ opportunità per rimanere giovani, almeno nello spirito! Il 9 novembre 1989 “cadeva” il muro di Berlino e con esso la cortina di ferro che produsse il maggior numero di rifugiati transfughi in Europa del dopoguerra, oltre 3 milioni.

Trent’anni dopo, lo stesso giorno, mi sono ritrovato a New York per celebrare la prima di quattro giornate, a diverso tema, che richiamano i forti e storici legami tra il Rotary International e l’Organizzazione delle Nazioni Unite; R.I. (presente in 184 Paesi al mondo) e O.N.U. (presente il 193 Paesi al mondo), l’anno prossimo festeggeranno rispettivamente il 125° e il 75° anno di vita.

Sin dalla Conferenza di San Francisco del 1945, quando i delegati di 50 nazioni si riunirono per stendere la Carta di fondazione dell’ ONU, la nostra organizzazione fu invitata con altre a fornire le proprie esperienze in merito all’educazione alla pace e a quei servizi a scopo umanitario che ancora oggi la contraddistinguono a livello internazionale.

Undici rotariani componevano la delegazione, ma molti altri facevano parte dei corpi diplomatici presenti in quelle otto settimane di lavoro che diedero forma alla Carta ONU, presso la cui sede il Rotary fu la prima ONG ammessa, già dal 1945.

Tra il 1950 e i primi anni Ottanta, per diverse ragioni, anche politiche , il Rotary si disimpegnò in parte dall’ONU a cui si riavvicinò poi, stringendo relazioni con UNICEF e WHO, quando si serrarono le fila per rendere più efficiente la campagna di eradicazione della polio (Global Polio Eradication Initiative, 1988).

Dal 1991, il Rotary Representative Network mantiene stabili relazioni con molte delle emanazioni ONU, ottenendo il riconoscimento di più alto stato tra le ONG in qualità di consulenti e cooperatori ONU .

Ed è proprio per celebrare questa importante relazione tra le due organizzazioni in scadenze così significative che Mark Maloney, tenendo fede al suo motto presidenziale Rotary connects the World, e i dirigenti del R.I. hanno pianificato quattro convention internazionali a diverso soggetto ma di comune interesse per il Rotary International e l’ONU, e in particolare :

  • Migranti e rifugiati, 9 novembre 2019 presso la sede ONU, New York.
  • Sviluppo sostenibile, 28 marzo 2020, presso l’UNESCO a Parigi
  • Alimentazione e agricoltura, 7-8 maggio 2020, presso la FAO a Roma
  • Cooperazione umanitaria, 5 giugno 2020, presso la sede ONU

La sede di questa prima giornata RotaryUN non è purtroppo stata quella naturale del Palazzo delle Nazioni Unite, che ho potuto comunque visitare con grande interesse due giorni dopo, ma il Grand Hyatt Hotel, non distante: infatti una crisi di cashflow ha costretto la sede Onu a tener chiusi i battenti e a evitare i costi annessi e connessi, durante i giorni non lavorativi. 

In una grande sala, con moquette, drappi, colori e palco centrale all’americana, sono disposti un gran numero di tavoli circolari intorno ai quali trovano posto 423 congressisti provenienti da 23 diverse nazionalità tra i quali, sembro apparentemente essere tra i pochissimi, se non l’unico, italiano residente in Italia. Vi sono giunto, in modo un po’ fortuito, grazie al Rotary Representative Network di cui sopra, ma specialmente grazie all’invito delle ultime mie conoscenze con il team “New Jersey South” con cui il nostro distretto 2040 scambiò nel 2013 per l’ultimo GSE (Group Study Exchange), programma glorioso e rimpianto al quale partecipai dando molto di me per circa 13 anni.

L’argomento di questa giornata è molto serio, anche se la voce dell’anchorman, regista dietro le quinte che riecheggia in sala, mi ricorda molto le partite di basket NBA che i miei figli si bevono di notte a orari impossibili.

Il tema Migranti forzati e Rifugiati è certo drammatico: 71 milioni di persone nel mondo (di cui la metà bambini e adolescenti, buona parte senza genitori) sono costrette a lasciar casa per ragioni legate a conflitti, persecuzioni, carestie o sconvolgimenti geoclimatici Di questi 71 milioni, 26 milioni sono rifugiati in terre altrui. Il trend nei prossimi 20 anni potrebbe salire a oltre 300 milioni, cioè 1 uomo su 30 circa.

Basta questo esordio per farti ammutolire mentre guardi sul palco la lunga serie di rappresentanti, UNHCR, UNICEF, funzionari e tecnici anche rotariani, che spiegano la drammaticità dei fenomeni da ogni punto di vista. Mentre li osservi e li vedi come persone che hanno fatto della propria vita una nobile missione, ti auguri che sul palco non salga un nuovo relatore per elencare dati relativi a una realtà che diventa sempre più inconcepibile. 

Le aree nel mondo dove il dramma dei rifugiati è particolarmente accentuato, con indicazione del Paese d’esodo e quello vicino che offre la maggior accoglienza:

  • Dalla Siria verso la Turchia e Libano
  • Dal Sud Sudan verso l’ Uganda
  • Dal Venezuela verso il Brasile
  • Dall’Afghanistan verso il Pakistan
  • Dal Myanmar verso il Bangladesh e Nepal
  • Dal Bhutan verso il Nepal.

I rifugiati sono uomini che hanno perso molto, spesso tutto, compreso gli affetti; a loro non va tolta la dignità e soprattutto la speranza! Uomini e donne che non devono essere visti solo come beneficiari di gratuita assistenza, ma anche come potenziali risorse per le comunità accoglienti. Ecco perché, oltre ai bisogni essenziali di sopravvivenza, sono pure necessari interventi che mirino alla riorganizzazione sociale e specialmente all’educazione e formazione di quelle moltitudini di giovani che costituiscono la gran parte delle masse costrette alla migrazione forzata. I giovani che vengono aiutati oggi a crescere con un’educazione e una formazione professionale non saranno facili prede domani dell’emarginazione sociale, dalla quale il terrorismo può facilmente attingere le sue schiere di fanatici. L’educazione è il vaccino della pace.

La giornata corre veloce come la pausa per un pasto frugale; la gente è cordiale ma la serietà dell’argomento trattato non lascia spazio a molti sorrisi, che arriveranno solo nel pomeriggio sui volti dei protagonisti che hanno vissuto in quei campi profughi e per i quali questa giornata assume certamente un valore speciale, un motivo di gioia che sapranno trasmettere all’uditorio che pian piano si rilasserà e gioirà con loro, si emozionerà ai racconti. Ecco, si emozionerà. Si emozionerà nel vedere e ascoltare persone che hanno agito, agiscono con passione. Quale miglior esempio per chi vuole “fare”?

Siamo dunque al pomeriggio; dopo i gravi preamboli tecnici, politici ed esplicativi, entrano in campo gli “sfidanti”, cioè quegli uomini e donne del nostro sodalizio ai quali la vita ha proposto una sfida impegnativa ma dalla quale non si sono tirati indietro, non hanno esitato e si sono buttati anima e corpo lasciando un segno positivo del loro passaggio, del loro esistere e, di riflesso, anche della nostra associazione.

Le vie d’azione le conosciamo bene, dovrebbero far parte del DNA rotariano così come la passione e la generosità nell’agire per il bene del prossimo. Chimere, fantasie?

Non per tutti e soprattutto non per le sei People of action premiate quest’anno:

Lucienne Heyworth, borsista della pace all’università di Uppsala, ha sviluppato un sistema educativo per i campi dei rifugiati in medio oriente

Ilge Karancak-Splane, RC Monterey USA , ha fornito vestiario per 1.000 bambini e poi lanciato un globalgrant per progetti educativi in campo rifugiati siriani in Turchia

Hasina Rahman, RC Dhaka Bangladesh, ha coordinato diversi club e agenzie per progetti di educazione sanitaria e nutrizione per migliaia di bambini Rohingya

Ace Robin, RC Mataram, Indonesia, ha coordinato azioni di supporto logistico organizzativo con fornitura di circa 1000 Shelterbox per gli sfollati dai terremoti in Thailandia

Vanderlai Lima Santana, RC Roraima, Brasile, ha coordinato azioni di ONG e Governo per l’accoglienza lo smistamento e l’educazione dei venezuelani transfughi in Brasile

Bernd Fisher, RC Berlino, Germania, conduce da tempo progetti di sostegno, formazione e tutoraggio di donne immigrate con figli in Germania favorendo il loro inserimento nella società.

Sono le 15,30, i premiati sono scesi dal palco sorridenti, il clima in sala è decisamente cambiato, l’energia ceduta da questi  “semi-eroi” rotariani ci ha caricati tutti.

Lasciamo la sala non scoraggiati, anzi, verrebbe da dire bei tonici : sono un rotariano, accetto la sfida, agisco! Esco anche io. Cala il sipario. Scendo all’ammezzato per conoscere “i pezzi grossi“ e stringere loro la mano. Great!

di Gianluca Azario (RC Parchi Alto Milanese)