Parlando di nuove generazioni, sovente si (s)cade in quei luoghi comuni che sentenziano: “I giovani non hanno ideali, non hanno cultura, non hanno né prospettive né voglia di emergere, non hanno etica e non vogliono imparare nulla!”
Se queste osservazioni fossero una regola, il #ryght19 sarebbe un’eccezione, una licenza poetica per questo stereotipo che maldestramente soggiorna nella testa di alcuni adulti. Persone che hanno dimenticato di essere state adolescenti.
I giovani di oggi, esattamente come i giovani di 20, 30, 100 e più anni fa sono ben diversi dai luoghi comuni. Sono bravi! Hanno sempre solamente avuto bisogno di una guida che dia loro suggerimenti e consigli, permettendogli di ragionare e imparare dalle nostre esperienze e dai nostri errori, senza che debbano per forza farli loro in prima persona.
Chi non ha commesso qualche errore in gioventù alzi la mano! Nessuno l’ha alzata vero?
Il primo week end di ottobre l’ho vissuto a strettissimo contatto di 10 ragazzi di età compresa tra 16 e 18 anni. Vero che sono stati selezionati tra i migliori delle scuole e nelle conoscenze rotariane, ma questi sicuramente annichiliscono le convinzioni del loro più duro oppositore.
Bravi, intelligenti, di buon carattere, colti e, cosa che mi ha leggermente stupito, amanti della buona musica. Sentire ragazzi nati in questo millennio apprezzare AC/DC, Pink Floyd, Elton John, Queen e non solo Fedez, J-Ax, Achille Lauro, Arisa e altre nuove star attuali mi ha fatto elevare la stima che già avevo di loro dopo averli appena conosciuti.
Il week end con loro era però iniziato in maniera pessima: in settimana ci sono state troppe defezioni dell’ultimo minuto e i treni per raggiungere il ritrovo hanno accusato ritardi inverecondi. Due ragazze non sono riuscite a prendere il treno per Morbegno con tutto il gruppo. Craig Sause ha risolto il problema accompagnandole in auto. Io ho fatto i miracoli per comprare i biglietti per tutti sotto lo sguardo attonito del responsabile sicurezza della biglietteria di Stazione Centrale. Ho occupato contemporaneamente 3 casse automatiche per riuscire a farli.
Finito? Assolutamente no: sono rimasti da gestire i genitori e le loro ripetute chiamate per sapere se i figli stessero bene.
I ragazzi meritano la nostra fiducia. Lo sapete che sabato notte sono stati protagonisti nel salvataggio di due scalatori rimasti bloccati sulla montagna? Hanno visto da terra le luci di segnalazione e così hanno fornito le indicazioni all’elisoccorso che non riusciva a individuare la zona dove gli escursionisti fossero dispersi.
Tornando a venerdì sera, invece, finalmente rilassati, ci siamo conosciuti meglio: un po’ intorno al fuoco in giardino e un po’ a cena. Abbiamo parlato di Rotary in modo leggero senza fare una vera formazione frontale. Sono sicuro che in questo modo si apprenda meglio. In due giorni abbiamo chiacchierato molto, ogni momento è stato buono per spiegare chi siamo e perché lo facciamo. Abbiamo formato i 3 team da 4 persone (anche con me e Giuseppe).
Sabato mattina una passeggiata di mezz’ora ci ha portato alla prima attività del week end: l’arrampicata in parete naturale, preceduta da una breve lezione di nodi e geologia.
Si è spiegato che la Val Masino e la Val di Mello sono di origine magmatica intrusiva. Questo ha permesso la formazione di rocce dure e compatte come il granito locale e non rocce “porose” tipiche delle formazioni estrusive (solitamente vulcaniche). Indossate le scarpette tecniche e fissate le sicure alle imbragature si inizia a scalare. Complici le defezioni e le ottime qualità dei ragazzi la giornata è stata molto più impegnativa e soddisfacente del previsto.
Nel primo pomeriggio altra sorpresa. Scalata di due “tiri”, quindi con l’aggiunta di una seconda parte dopo l’arrivo al primo rinvio posto a 30 m di altezza, il “chiodo” che tutti avevamo raggiunto in mattinata. Inoltre, l’ascesa è stata fatta in cordata, 2 o 3 per volta legati in sicurezza uno all’altro. Come veri scalatori è necessario muoversi possibilmente in sincronia per mantenere una distanza costante, permettendo di sorreggerci a vicenda in caso di necessità. Bella esperienza. Arrivati in cima al secondo tiro (ormai siamo a quasi 60 m d’altezza) siamo scesi in autogestita.
Due esperienze molto diverse tra loro. Quella del mattino ci ha portato ad avere assoluta fiducia nel compagno a terra, che ti protegge dalle scivolate e ti impone la discesa. È la persona a cui stai letteralmente affidando la tua vita e che, consapevole di questo, ti permette di scendere vivo, con le ossa tutte integre e tutte al loro posto. Con la seconda abbiamo imparato ad affidarci a noi stessi, permettendoci di controllare la discesa con le sole nostre mani, una presa di fiducia in sé stessi che credo abbia pochi uguali.
Esaltati dall’esperienza siamo rientrati al rifugio e ci siamo preparati per la seconda gara di squadra. Il nodo a doppio 8 di sicurezza a occhi bendati che ha offerto momenti esilaranti, soprattutto nel pre-gara. Cena e altra serata passata a giocare a carte, a parlare intorno al fuoco, a vivere come una grande squadra parlando di tutto un po’: scuola, lavoro, prospettive per il futuro, Rotary, programmi…
Domenica, dopo un’altra bella passeggiata mattutina, facciamo un giro nelle grotte che si sono create all’interno di una plurisecolare frana di grossi massi, ormai inglobati dalla natura che ne ha preso possesso. La sovrapposizione di questi massi irregolari, compatti e di puro granito, ha creato anfratti stretti e passaggi angusti formando un percorso affascinante. Con un po’ di fatica, tutto è ripagato dalle sensazioni e dal fascino dell’esperienza di gruppo in un luogo inusuale.
Tornati alla luce del sole ci siamo preparati per le ultime tre prove di squadra: il tiro al bersaglio, la corsa sui massi e la slack line. Tre prove di abilità e di equilibrio.
Dopo il pranzo il ritorno verso casa; ci si saluta, si legge la classifica a tempo delle prove e chi ha vinto o perso non è importante, anche se il team di Aurora è quello che ha fatto meglio degli altri. L’importante è aver trovato degli amici di cui abbiamo imparato a fidarci ciecamente.
Abbiamo capito che in una squadra non conta il singolo, ma la capacità di tutto il gruppo di lavorare assieme, di rispettarsi e di puntare un obiettivo. Abbiamo imparato l’importanza della fiducia nei compagni e preso coscienza di cosa significa essere responsabili di una vita.
In questi giorni abbiamo visto amiche bloccarsi a metà della loro prima ascesa sulle rocce, incoraggiate, consigliate, spronate hanno preso fiducia in loro stesse e sono arrivate in cima come tutti gli altri.
Questo è quello che come adulti dobbiamo fare per i giovani e noi rotariani sappiamo farlo bene. Consigliare, aiutare, spiegare, dare loro fiducia e coraggio in modo che capiscano che quelli che oggi ritengono essere dei limiti, in realtà sono solo un punto di partenza per andare avanti, per passare oltre gli ostacoli, migliorandosi e comprendendo che se vogliono… possono farlo!
Ancora una volta la magia dei programmi rotariani si è realizzata.
Aurora, Andrea, Giada, Silvia, Jules, Giorgio, Erica, Filippo, Paola, Costanza, Remy, Lucrezia e Giuseppe sono una famiglia affiatata e unita. Tutto il team #ryght19 lunedì ha faticato non poco a riprendere la quotidiana routine tra scuola e lavoro.
Ora, ditemi voi, cosa si può volere di più da quella che apparentemente doveva essere una “semplice gita”?
Andrea Brianza