RYLA 2022: il potere di cambiare il mondo

Nel 1988 l’eclettica Patti Smith tornava alla ribalta con l’album “Dream of Life”, dopo nove anni di assenza. L’album venne lanciato attraverso il singolo “People have the power”, da qui il titolo del nostro seminario RYLA 2022. Per esser precisi, il nostro titolo aveva una piccola aggiunta a quello originale. I nostri organizzatori hanno fatto seguire a “People have the power” un “really?”, trasformando così una canzone dedicata ai grandi ideali di rivoluzione degli anni sessanta post Vietnam, un testo intonato e cantato durante tante marce e proteste politiche, un simbolo energico e imperituro di fiducia nelle capacità umane. “I believe everything we dream. Can come to pass through our union. We can turn the world around”, in una doverosa e scomoda domanda: «É proprio vero che le persone hanno il potere di cambiare il mondo?» Intorno a questo tema numerosi interventi di pregio, da professori universitari a professionisti di successo, tutti esempi indiscussi di leadership e competenza.
Prima di entrare nello specifico però, mi permetterò una digressione. A 18 anni, parliamo di sette anni fa, non Medioevo ma comunque per la mia giovane vita un lasso di tempo considerevole, diventai socia Rotaract. All’epoca mi sembrava di essere entrata a far parte di un’associazione dove tutto era possibile. Uno spazio incantato, in cui i sogni di fiducia di un mondo migliore si avveravano. Avrei finalmente combattuto le mie battaglie, grazie al supporto dei miei compagni del club e dei miei amici fuori dal club. Le mie idee avrebbero fatto la differenza per la comunità e finalmente avrei trovato il mio posto nel mondo. Ecco, evidentemente tutto questo era parte di un totale delirio di grandezza. Un delirio sicuramente dettato da buone e nobili intenzioni, ma di fatto un delirio rimaneva.
Nel tempo ho potuto confermare che il Rotary è un’associazione dove con dedizione e perseveranza, attraverso una solidale amicizia, si possono realizzare piccoli e grandi progetti. In sintesi, in questi anni abbiamo superato alcuni ostacoli e altri no, abbiamo realizzato progetti che non ci attendevamo con grande gioia ma altrettanta fatica. Senza grandi riconoscimenti ma con buoni risultati. Il mio posto nel mondo, purtroppo, non l’ho ancora trovato ma senza dubbio la mia crescita è stata esponenziale. Quando gli ideali sbattono, inevitabilmente, contro la complessità del nostro mondo, la motivazione e il credo vengono messi alla prova. A volte duramente.
Ciò non significa che gli ideali debbano rimanere trascendenti idee platoniche e noi qui a tentare di tenere duro nelle nostre misere esistenze, ma debbano piuttosto farci da guida, come stelle polari, attraverso il tentativo di comprendere intricati e delicati equilibri. E in virtù del contesto, cercare di renderli attuali. Rendere degli ideali attuali, spendibili e concreti è la vera sfida. Tuttavia, per realizzare ciò è necessario farsi le giuste domande. E questo “People have the power: really?”, che citavamo all’inizio, è cruciale per questi tempi. Tempi in cui le multinazionali licenziano le persone su Meet, in cui i dati prodotti dalle persone valgono più delle stesse, in cui le persone sono sempre di più su questo pianeta ma sembrano sempre più distanti e disarmate. Come possiamo, se piccoli granelli di sabbia, far fronte al nostro destino costellato di Covid-19, guerre divisive, cambiamento climatico, disparità sociale, razziale e di genere, recessione economica e tanto altro? A Giordano Bruno mi sento di dirgli che no, non è vero che homo faber fortunae suae, i recenti fatti ci insegnano il contrario. Dopo un lungo respiro, conseguentemente, nasce spontanea una seconda domanda: «Quindi cosa sono oggi le persone e contano ancora davvero in questo nuovo scenario post-moderno?»
A rispondere a questo delicatissimo tema ci hanno provato gli innumerevoli interlocutori del seminario di leadership. O meglio, hanno portato la loro testimonianza attraverso la loro esperienza lavorativa e di vita. Comune denominatore di ogni intervento: l’importanza di una comunità. Che si parlasse di economia, politica, sociologia, imprenditoria, musica, ingegneria, medicina, la magica parola era sempre presente nei nostri discorsi. Comunità. E in quella la risposta: vivere con umanità all’interno di una comunità coesa permette di cambiare il mondo. Una leadership all’insegna della fragilità, della comprensione, del servizio. In ogni luogo, sia all’interno di un carcere o di una azienda tecnologica appena uscita da una rivista di design. Sia in un grande ospedale in Uganda o nell’ambito della consulenza strategica d’intelligence. Sia in una pubblica istituzione o in un gruppo musicale. E potremmo andare avanti così per un po’.
Tutti i relatori hanno sfiorato in diversi modi ciò che rende possibile questa “umanità”, ossia il fattore umano, che io leggo come empatia, creatività e necessità alla socialità, come chiave di volta nella costruzione delle comunità.

Oltretutto, noi partecipanti possiamo dire di aver sperimentato la ricaduta della servant leadership in prima persona: da perfetti sconosciuti a un gruppo compatto. Da individui a una piccola comunità di persone cooperanti, in grado di discutere di progetti sociali e sull’ambiente. Di questa esperienza mi porto, oltre i preziosi interventi, un incoraggiamento a non perdere la speranza attraverso il sacrificio e l’impegno. Però quanto avrei voluto finalmente conoscere quella famosa formula e urlare «Eureka! Ora ho la soluzione al problema!». “[…] pensavamo che la vita funzionasse così, che bastava strappare lungo i bordi, piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere” (Strappare lungo i bordi, Zerocalcare, 2021, Netflix).
La morale è sempre più complessa di quello vogliamo: non ci sono lezioni da imparare, né linee da seguire, ma essere leader significa sempre mettere in gioco se stessi e le proprie convinzioni, in un continuo esercizio dell’anima e della mente. Ed è vero, essere persona più che un’immagine sui social o un dato tracciato da Google, diventa sempre più difficile. Difficile sì, ma rinunciare a spendere una imperfetta umanità in questo sentiero non segnato per gli altri e con gli altri, è una avventura che non voglio perdermi.

Chiara Ghizzoni,
Presidente Rotaract Erba Laghi