Visita all’Aeroporto Militare di Ghedi

RC Milano San Babila

L’emozione di stare ai comandi di un Tornado l’hanno provata in tanti e poco importa se è solo una cabina saldamente ancorata al terreno, basta portarsi dietro il rombo assordante e i lampo dei postbruciatori al decollo cui abbiamo assistito appena prima.
Basta poco a far tornare un po’ bambini, ma ci vuole molto per costruire il mito e il fascino dell’Aeronautica e dei suoi uomini.

La visita alla Base Militare di Ghedi (un grande successo visti i 56 partecipanti) è stata per tutti un’occasione unica per capire qualcosa di più di quello che sta dietro l’immagine un po’ asettica che ci portiamo dietro riguardo ciò che è militare: fra l’invidia per chi sa volare, il rispetto per chi ci difende e le discussioni sull’opportunità di produrre gli F35.
Ghedi, dietro i muri, il filo spinato e i sorveglianti, è un luogo molto meno militaresco di quanto ci si possa immaginare e soprattutto è un luogo dove operano uomini e donne (sorpresa: il 10% del personale è femminile, e ci sono donne anche fra i piloti) per i quali la disciplina e la divisa sono una missione che non esclude la simpatia e la comunicativa.
In questo villaggio ordinato, abitato da circa 1600 persone, si può trovare, come abbiamo sperimentato, un’accoglienza altrettanto calorosa e spontanea, che esalta il grandissimo entusiasmo che ciascuno mette nel proprio compito.

Questione di storia, forse, una storia cominciata nel 1915 quanto il Campo Volo di Ghedi (poi intitolato al pilota Medaglia d’Argento Luigi Olivari, perito nel 1917) era un enorme spiazzo erboso, all’epoca esteso fino all’attuale area dell’aeroporto civile di Montichiari, sul quale si sono svolte le prime attività aeronautiche nel nostro Paese. Diventato strategico nel corso della Grande Guerra lo è rimasto e oggi è l’unica Base in Italia nella quale operano ben tre Gruppi Volo, e dove si svolgono tutte le attività di addestramento del personale, portando i piloti fino al livello “Combat Ready”.
Su questo aeroporto è sfilata la storia della nostra Aeronautica Militare e i suoi mezzi più significativi, molti dei quali fanno ancora spettacolo nel ruolo di “gate guardian”: il vecchio F84 utilizzato anche dai celebri Diavoli Rossi (precursori della Pattuglia Acrobatica Nazionale) e lo “spillone” F104 che qui è stato protagonista dal 1963 al 1982.
Poi è stata la volta del Tornado, tutt’ora operativo; la macchina che abbiamo potuto conoscere con l’aiuto di due guide di eccezione come il Capitano Marco Zoppitelli e il Maggiore Lapo Goretti; pilota il primo e navigatore il secondo, entrambi capaci, oltre alla scontata competenza, di umanizzare e sdrammatizzare la figura del “Top Gun” come ce lo propone il cinema.

È bello sentir descrivere il Tornado come la macchina amica, il compagno di lunghissimi addestramenti e di operazioni di ogni genere; un velivolo che ha rappresentato un’epoca, capace di portare carichi pari al suo peso (14 tonnellate a vuoto che possono diventare 28 al decollo) e altrettanto adatto a trasformarsi in strumento di protezione civile. Non solo Afghanistan e Desert Storm quindi, ma anche semplice sorveglianza o ricognizioni fotografiche dopo i terremoti, senza dimenticare il trasporto di urgenza di organi per trapianti.
La visita a Ghedi ha sorpreso i partecipanti mettendo assieme il fascino delle straordinarie macchine volanti con l’umanità dell’ambiente in cui operano e il risultato è stato un incontro dalla cordialità inattesa di cui siamo grati al Maggiore Michele Iacobuono, perfetto nel fare gli onori di casa e prezioso per averci fatto scoprire il lato migliore di una struttura nella quale alla tecnica si riesce ad abbinare la qualità della vita. Sensazione confermata anche dal “rancio” conclusivo, la cui cucina curatissima, come ha tenuto a sottolineare il nostro ospite, è una delle migliori tradizioni della Base.